Bocciatura totale. Il DEF 2013 (Documento di Economia e Finanza) presentato dal precedente Governo Monti non passa l’esame del MoVimento 5 Stelle. Oggi pomeriggio i cittadini eletti alla Camera, Sebastiano Barbanti, e al Senato, Francesco Molinari, in un Parlamento desolatamente vuoto durante la discussione (con l’esclusione del M5S e dei relatori o poco più delle altre forze politiche), hanno dimostrato l’assoluta inadeguatezza della programmazione che la maggioranza vorrebbe attuare. Un giallo sulla mancata constatazione della richiesta – da parte del M5S – del numero legale, in un Senato semivuoto, non ha impedito che si discutesse sulle linee programmatiche prodotte dall’insostenibile Governo Monti, che il nuovo Governo potrebbe fare sue, contraddicendo le critiche portate avanti nella passata campagna elettorale all’austerità e al rigore, concetti ampiamente superati dai fatti. «La strategia economica nel cui ambito si inquadra il DEF 2013 è ancora indirizzata a imporre sacrifici, a senso unico, ma il debito rimane inchiodato, anzi cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano, mentre calano i consumi», ha detto Barbanti alla Camera. «Senza cambiare rotta ci si può attendere solo che la crisi si avviti in una spirale pericolosa: avanzi primari e deflazione salariale, caduta della domanda e dei redditi, debito fuori controllo», ha sottolineato Molinari al Senato. Nel suo discorso, il deputato Barbanti, capogruppo del M5S in Commissione Speciale, si è dato ad una disanima pungente degli ultimi 20 anni di seconda Repubblica. E non sono mancate le esortazioni all’attuale maggioranza a fare marcia indietro, per ristabilire un contatto con quella realtà che il mondo della finanza e della semplice equazione matematica hanno eliminato dalla scena politica italiana ed europea. Il capogruppo al Senato della commissione speciale, Francesco Molinari, da parte sua ha portato avanti la filosofia dell’economia della Vita fatta propria dal M5S. Ha ribadito con forza le manchevolezze del mero calcolo quando si tratta di società, di cultura, di uomini e donne, di cittadini. Ed ha evidenziato tutte le previsioni contraddittorie, sulla base delle affermazioni dell’ex presidente del Consiglio, almeno rispetto ai dati economici a consuntivo peraltro contenuti nel DEF, mettendo in guardia l’attuale Governo dal seguirne le orme. Naturalmente entrambi i parlamentari calabresi hanno affrontato il caso Mezzogiorno. Un punto completamente tralasciato dal documento del Governo Monti che, invece, per il Movimento 5 Stelle può costituire un punto di forza per risollevare le sorti dell’Italia e ristabilire un diverso rapporto con l’Europa. Da qui la richiesta di Barbanti e Molinari al Governo Letta di prendere «in considerazione di apportare delle note al DEF magari sulla scorta delle nostre osservazioni». Di lasciare da parte la linea fallimentare e tragica attuata nel Paese dal Governo Monti, che ha portato «alla caduta della domanda interna, dei consumi, un calo della produttività ed una conseguente deflazione salariale».
Una politica economica e finanziaria scellerata, che potrebbe apprestarsi ad attuare questa strana maggioranza bulgara, che «ha lasciato del tutto inalterati i privilegi di classi parassitarie ed improduttive, mettendo in dubbio, nel contempo, diritti civili e sociali, acquisiti con dure lotte e sacrificati sull’altare del peggior liberismo monetarista». Ciò a discapito dei «pensionati, disoccupati, esodati, esuberati e lavoratori di ogni classe sociale che nessuna parte hanno avuto nel tracollo del Paese, mentre il grande capitale economico-finanziario di natura speculativa è stato lasciato indenne insieme a quegli infedeli uomini delle istituzioni che l’hanno agevolato nella sua opera demolitrice dello stato sociale», hanno precisato Barbanti e Molinari. Per questo motivo il M5S propone «una parziale europeizzazione del debito. Si dovrebbero adottare politiche industriali di tipo nuovo su scala europea e nazionale da alimentare attraverso un rafforzamento del ruolo della banca europea per gli investimenti; va attuata una riforma dei sistemi finanziari a partire dalla separazione delle attività bancarie commerciali e di investimento ed, all’interno di questa, va improntato un sistema fiscale e di controllo diversificato; va realizzata una banca nazionale di investimenti dedicati alla PMI e liberi professionisti, alla quale questi possano attingere, a tassi agevolati, in situazioni di grave crisi di mercato e credit crunch; ripensare l’intero sistema di welfare ponendo al centro dell’impianto un reddito di cittadinanza che sia di ausilio nella vita di ogni cittadino, sia nel momento dell’entrata nel mondo del lavoro sia nel momento di crisi dell’impresa piccola e grande». «Va ridefinito il ruolo della BCE. Occorrerebbe – ha detto il deputato Barbanti – una diversa mission per la banca centrale europea che dovrebbe diventare prestatore di ultima istanza per i diversi debiti pubblici statali ed inserire tra i suoi obiettivi il perseguimento della piena occupazione, nonché finanziare direttamente gli investimenti produttivi e la riconversione ecologica del nostro sistema produttivo. Si rileva, inoltre, nel Piano di Riforma Nazionale una mancanza di un progetto organico per il raggiungimento degli obiettivi nazionali». Insomma basta promesse che parlano di rigore, equità e crescita: «il Popolo ha subìto soltanto la prima, pagandone un alto tributo in termini di suicidi di cui le cronache giornalistiche raccontano le drammatiche vicende di lavoratori e piccoli e medi imprenditori, che si sono sentiti abbandonati e in quell’atto estremo hanno trovato l’unica forma di protesta, come del sindacalista che l’estate scorsa si è impiccato con in mano la Costituzione tradita», ha concluso Molinari.