È notizia di queste ore quella della chiusura delle attività in presenza
degli Atenei calabresi, fatta eccezione per quelle che vanno svolte
necessariamente in presenza in area sanitaria.
Credo che questa non sia una soluzione per un settore indifferibile e altamente prioritario come il Diritto allo Studio.
D’altronde, all’Unical, siamo stati in grado di dimostrare che un rientro sicuro può essere garantito anche dai soli Atenei.
Con una forte opera di prevenzione e con un’attività di contact tracing
gestita direttamente dall’Ateneo tramite l’app Smart Campus, abbiamo
fronteggiato in tempi record l’emergenza e i pochi casi emersi
dall’inizio dei corsi.
Con 3500-5000 presenze giornaliere nel Campus, l’Ateneo è riuscito a
registrare solo 7 casi positivi, tutti provenienti – come emerso dalle
indagini epidemiologiche – da altri focolai e non dall’interno.
Per questo, in Calabria, abbiamo avuto un esempio di eccellenza nella
gestione emergenziale, lodato dal Ministro Manfredi e dalla stampa
nazionale e richiesto da altri Atenei nazionali, che non merita
assolutamente di fermarsi ora.
Se questo sistema ha funzionato, perché chiuderlo e non esportarlo negli altri Atenei?
Non sappiamo quanto durerà questa emergenza e, dal momento che altro non
è che una nuova normalità, dobbiamo avere il coraggio e le competenze
per affrontarla e trovare il modo di convivere con questo maledetto
virus.
Cosa succederà se per i prossimi anni dovesse persistere questa
situazione? Saremo costretti a tenere sempre chiuse le nostre
Università? Chi deciderà di formarsi in Calabria se si potrà rimanere
qui pur iscrivendosi online ad un’Università di altre regioni? Che
differenza ci sarà tra Atenei e università telematiche?
Mi auguro che tutte le Istituzioni si fermino a ragionare e si
ravvedano, prima di intraprendere un percorso che porterebbe al collasso
del già sofferente Sistema Universitario calabrese.