La Ruta graveolens, una pianta tipica della flora mediterranea cresce spontanea a Cirò, ha trovato il suo habitat naturale tra le antiche mura del castello. Proprio su questa pianta è stato fatto un importante studio da parte della seconda università di Napoli sulle potenzialità della Ruta graveolens. Una pianta di origine mediterranea è in grado di uccidere le cellule maligne di un tumore cerebrale: queste le conclusioni di uno studio condotto dai ricercatori della Seconda Università degli Studi di Napoli, reso noto attraverso un articolo pubblicato dalla rivista” PLOS ONE”. Il lavoro ha dimostrato che l’estratto acquoso della pianta Ruta graveolens uccide le cellule di glioblastoma ma risparmia quelle sane: un risultato importante alla luce del fatto che questo tumore cerebrale è altamente aggressivo e che «la sua prognosi è tuttora infausta», come sottolineato da Luca Colucci D’Amato, docente di Patologia generale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie ambientali biologiche e farmaceutiche della Seconda Università di Napoli (SUN). La chirurgia, la radio e la chemioterapia consentono la sopravvivenza di una porzione bassissima di persone colpite da glioblastoma, ragion per cui la ricerca biomedica di nuovi farmaci e cure è necessariamente molto attiva. Le sostanze naturali sono una sorgente importante di molecole ancora sconosciute, come spigato da Claudia Ciniglia docente di botanica della SUN: tali molecole potrebbero prestarsi ad importanti utilizzi nell’ambito della terapia contro diverse malattie, incluso il cancro. L’aspetto interessante dell’estratto di Ruta graveolens è che ha dato prova di essere innocuo nel momento in cui veniva somministrato sulle cellule neuronali non proliferanti e differenziate: insomma, quasi come se funzionasse discriminando tra le cellule cancerose e quelle sane, «uccidendo le prime e risparmiando le seconde». Per il momento, comunque, lo studio è ancora molto lontano dal trasformarsi nella messa a punto di nuove terapie: la ricerca è in fase pre-clinica ma, visti gli esiti decisamente positivi evidenziati, contano di poter andare avanti allo scopo di chiarire i meccanismi molecolari secondo i quali agisce la ruta graveolens. Potrebbe essere un primo grande passo nella direzione giusta. Senza nulla togliere allo studio effettuato, va ricordato che l’ingestione della ruta è tossica per il contenuto in furocumarine e rutarine e per gli alcaloidi chinolonici presenti nell’olio essenziale dall’odore sgradevole; assunta a dosi eccessive provoca gravi disturbi, con esiti anche letali. Gli olii essenziali possono provocare reazioni fotoallergiche. L’ingestione provoca invece irritazione grave delle mucose dell’apparato digerente, talvolta associati a danni anche irreversibili dei reni e del fegato. La rutina o rutoside è una sostanza naturale, un glicoside flavonoico presente in piante appartenenti a diverse famiglie, soprattutto a quella delle Rutacee (non a caso prende il nome dalla Ruta . Alla ruta sono ascritte proprietà antimicrobiche, antiessudative e spasmolitiche. Più nel dettaglio, l’azione antiessudativa pare sia riconducibile agli alcaloidi contenuti nella pianta; mentre l’attività spasmolitica è imputabile sia agli alcaloidi che ai derivati cumarinici. Tuttavia, proprio a causa della presenza di cumarine, la ruta possiede anche attività fotosensibilizzante; oltre ad essere in grado di esercitare un effetto abortivo. È proprio a causa dei sopra citati effetti negativi che l’uso della pianta non ha ottenuto l’approvazione ufficiale per alcun tipo d’indicazione terapeutica. Tuttavia, da un recente studio (2016) condotto su animali, è emerso che l’estratto di foglie di ruta è potenzialmente in grado di ridurre la gastrolesività e la formazione di ulcere peptiche indotte dall’ indometacina, un famoso farmaco atinfiammatorio non steroideo. Nella medicina tradizionale, la ruta viene utilizzata anche come rimedio per il trattamento dei disturbi mestruali e come rimedio contraccettivo. Mentre nella medicina popolare, è impiegata nei riti popolari contro “l’Affascino”, e come antiparassitario.