Con questo articolo si intende rispondere a chi ha definito “chiacchiericcio da bar” il democratico dibattito sugli hotspot, una questione di estrema rilevanza per tutta la popolazione. Ci rivolgiamo al Segretario del SAP, Sindacato della Polizia, dott. Giuseppe Veltri, che ha utilizzato questa definizione in un suo intervento giornalistico ed a tutti coloro i quali difendono gli hotspot, come lo stesso Sindaco di Crotone che pure, all’inizio, si era detto contrario. Si ricorda che, per la clausola di salvaguardia (Dir. Min. 11 ottobre 2016) , i Comuni che appartengono alla rete SPRAR sono esentati da ulteriori forme di accoglienza, quindi il Sindaco si sta assumendo delle responsabilità enormi con questa sua decisione, in quanto a lui spetta la governance del suo territorio. Hotspot, tradotto in italiano significa “punto caldo ” e non “posto di sbarco organizzato”, tant’è che l’istituzione di questo ibrido giuridico ha consentito all’Italia e alla Grecia di bloccare la procedura d’infrazione gia’avviata nei loro confronti dall’UE, per l’omessa identificazione di tutti i migranti, situazione che ha consentito a questi ultimi di circolare liberamente nello spazio Schengen.
L’Italia con la realizzazione degli hotspots si è impegnata ad assumersi quelle responsabilità che secondo l’attuale legislazione europea spettano agli Stati di prima linea e che si concretizzano nello svolgimento, dopo lo screening sanitario, delle attività di preidentificazione e separazione dei ‘richiedenti protezione internazionale’ dai ‘migranti economici’. L’impegno assunto dalle autorità italiane non ha però trovato piena attuazione, in considerazione della forte resistenza opposta dalle amministrazioni locali delle città individuate quali sedi per queste strutture. Allo stato, infatti, in Italia sono presenti solo 4 hotspots (Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto) rispetto ai 6 previsti, con una capacità complessiva di circa 1.500 posti; dei quattro hotspots solo tre sono attualmente operativi in quanto già funzionanti come centri di primo soccorso e accoglienza, per cui hanno soltanto cambiato la denominazione. Crotone sta già fornendo da anni un enorme contributo nella gestione del fenomeno migratorio, con la presenza nel suo territorio del Centro di Accoglienza di Isola Capo Rizzuto che, come noto, avendo una capacità ricettiva di quasi 2.000 posti, è il secondo più grande d’Europa (il primo è il famigerato C.A.R.A. di Mineo). Nonostante tutte le evidenti problematiche ad esso connesse (accattonaggio, prostituzione, strade adibite a dormitori e bagni pubblici), i cittadini di Crotone hanno sempre manifestato solidarietà verso gli extracomunitari, ma ora la misura è’ colma! Come mai solo a Crotone si sta pensando di realizzare un hotspot con addirittura 800 posti, ovvero il più grande d’Italia? Lo stesso ministro dell’Interno afferma ripetutamente che l’integrazione è possibile solo attraverso un’equa parcellizzazione dei migranti su tutto il territorio nazionale. Forse Crotone può garantire un lavoro sicuro, un adeguato servizio sanitario, cure gratuite e veloci per tutti, cittadini crotonesi e stranieri? Quali sono i costi per questi centri e chi paga se non sempre e solo i cittadini contribuenti, già abbondantemente vessati per servizi inesistenti? E dove andranno a mangiare e a dormire gli stranieri che dopo l’esame della domanda di protezione internazionale riceveranno lo status? Verranno estromessi dal centro S. Anna e buttati per strada ad ingrossare le fila degli emarginati, di coloro che vivono di accattonaggio o, ancor peggio, diventano oggetto di reclutamento da parte della criminalità locale? O, come sta succedendo in altre città italiane, saranno costretti ad occupare case e fabbriche abbandonate? Infine, dopo l’identificazione negli hotspots, i richiedenti la protezione internazionale verranno distribuiti nei vari centri nazionali, mentre i migranti economici probabilmente rimarranno a vagare per le vie di Crotone, creando seri problemi di ordine pubblico, come già accaduto a Trapani e Pozzallo.
Allora, mentre noi continuiamo il nostro “chiacchiericcio da bar”, chi sostiene la ‘convenienza’ e la ‘necessità’ degli hotspot risponda ai vari quesiti evidenziati, confutando in maniera efficace e convincente la sua argomentazione con quanto da noi messo in luce.