Tra esperienza, buon senso e immagini concrete, la saggezza popolare esamina questo tratto essenziale della vita. Con lo spettacolo di Giuseppe Scigliano per mezzo dei suoi testi che hanno dato ai presenti il motivo di una riflessione sulle loro origini e le musiche di Francesco Impastato che ha permesso all’auditorio di meditare e commuoversi in più di qualche occasione nell’ascolto delle sue canzoni, è stato messo in essere lo spettacolo “Terra Mia – Il Sapore del Pane”, che ha visto l’apertura ufficiale dell’ “Anno di Pietra” – 65° Anniversario di Fondazione della Missione Cattolica Italiana di Amburgo. Dall’affermazione del lavoro come dura e indispensabile necessità, e nello stesso tempo come dovere morale per tutti, alle dettagliate prescrizioni per il lavoro dei campi, lo Scigliano per mezzo dei suoi testi ha mostrato la centralità del mondo contadino e di tutta la sua grandezza e bontà. Nella prima parte della rappresentazione, lo Scigliano ha letto alcuni stralci tratti da “Il sapore del pane”, “La terza via di Enrico” e delle poesie sull’emigrazione degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, con la descrizione del Paese di origine e delle difficoltà di integrazione nei Paesi di emigrazione da parte della classe contadina/operaia, per mezzo di bellissime immagini del tempo, che sono scorse in un video. A volte la semplice osservazione di un fatto naturale può assumere anche un significato morale o nascondere riflessioni filosofiche, questo è quanto lo Scigliano per mezzo dei suoi testi con le musiche di Impastato ha donato al folto auditorio.
Francesco Impastato invece ha interpretato: “Terra Mia” di Pino Daniele e “Amara terra mia” di Modugno. Insieme interpretano “Terra amara” il cui testo è stato scritto da Scigliano e le musiche da Impastato. Ecco allora che subito si scorge come nel mondo contadino, ogni manifestazione della natura viene osservata e registrata con attenzione, per poter trarre di volta in volta opportuni e utili insegnamenti, che serviranno a coloro che lasceranno l’amata terra. Nella seconda parte il tema dei rifugiati e dei conflitti che determinano oggi la fuga di migliaia di persone, con una serie di letture dello Scigliano e le interpretazioni di brani intitolati “la Guerra”, “Popoli” ed “Uomini senza terra” scritti dal primo e musicati dall’Impastato. Si può dire tranquillamente che la rappresentazione che è stata mirabilmente presentata è un mix tra la musica popolare e la letteratura popolare, che è uno scrivere per il popolo e, solo in qualche caso, col popolo. Infatti ha un certo fatto, ha un certo momento della vita o della storia di un popolo. La musica popolare non nasce mai per opera di un solo individuo, ma di una collettività che attraversa le stesse esperienze e testimoniano i passaggi da una generazione all’altra, da una zona all’altra, da una situazione storica all’altra o semplicemente da un esecutore all’altro. E scelta “azzeccata” quella di invitare la Band amburghese “I Grossi Gatti Rossi”, i quali hanno cantato tre pezzi dal titolo Lu Rusciu de lu Maru, Tarantella del Gargano e Briganti se More, allietando la platea anche loro per mezzo di musiche e balli popolari della nostra amata nazione. In generale, tutti questi testi e questi canti hanno la funzione di unire coloro che li eseguono, di farli sentire parte di una collettività, passando di generazione in generazione, contribuiscono a tramandare una determinata visione del mondo e determinati valori e, lo scorrere del tempo, è scandito dai fenomeni atmosferici, e ogni periodo, ogni mese, ha una sua connotazione, una legge da ricordare per poter andare avanti in quella terra che sì ti ha accolto ma non è mai “Terra mia”.