Nell’ambito dell’operazione Santa Tecla, attraverso la quale sono stati contestati a vario titolo reati di associazione mafiosa, usura, estorsione, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti a diversi soggetti residenti in varie regioni d’Italia ma tutti riconducibili all’organizzazione “ndraghetistica coriglianese”, le indagini condotte dai finanzieri hanno permesso, tra l’altro, di dimostrare come le imprese riconducibili a due imprenditori, avvalendosi della forza intimidatrice della cosca, potessero essere proposte quali partner ‘obbligati’ nell’esecuzione di vari lavori (edili, di movimento da terra, pitturazione, cartongesso e distribuzione di prodotti di cartoplastica), instaurando, di fatto, un particolare quanto fraudolento regime di “monopolio” e diventando allo stesso tempo un’importante fonte di guadagno per la cosca stessa a cui venivano destinati una cospicua parte dei proventi realizzati.
Destinatari delle misure di prevenzione patrimoniali, due imprenditori di Corigliano Calabro con legami con la cosca di ‘ndrangheta denominata “locale di corigliano”, e destinatari di numerosi ed importanti appalti pubblici e privati. Particolarità della confisca in questione, è stata la possibilità di eseguire il provvedimento nei confronti degli eredi di uno dei due imprenditori, deceduto nel corso delle indagini, secondo lo strumento incisivo previsto dalla normativa antimafia. Oggetto della confisca sono stati fabbricati, tra cui appartamenti e villette di pregio, terreni, a Corigliano Calabro, Cassano allo Ionio e Spezzano Albanese, attività commerciali, diverse quote societarie, automezzi, una polizza assicurativa e conti correnti bancari e postali per un valore di circa 8,2 milioni di euro.