I militari del Nucleo operativo di Petilia Policastro, in collaborazione con i Comandi di Polizia penitenziaria competenti, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, richiesta dalla Dda di Catanzaro ed emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, a carico di Mario Mauro 58 anni, Giovanni Castagnini 57 anni, Francesco Garofalo 40 anni, tutti di Petilia Policastro e di Pasquale Manfreda 50 anni, di Mesoraca, tutti pregiudicati, gli ultimi tre già detenuti per altra causa, per l’omicidio di Valentino Vona e per il tentato omicidio del fratello Giuseppe, reati aggravati dal metodo mafioso e con la finalità di favorire la cosca Manfreda di Petilia Policastro.
L’AGGUATO – Era l’aprile del 2012 quando i due fratelli, mentre si trovavano in localito Marrate di Petilia intenti a tagliare della legna, furono raggiunti da tre sicari, col volto travisato ed armati di fucili e pistole. Furono fatti segno da colpi d’arma da fuoco. Valentino Vona veniva attinto alle gambe ed all’addome, e poi veniva finito con un colpo alla testa, mentre il fratello Giuseppe, vero obiettivo dei killer, riuscì a darsi alla fuga scampando così da morte certa. In particolare, Giuseppe Vona, per come emerso dalle indagini, sarebbe stato accusato dai suoi aguzzini di essere il materiale esecutore dell’omicidio di Vincenzo Manfredi (fratello di Pasquale e cognato di Mario Mauro, destinatari della misura), verificatosi circa un mese prima dell’attentato omicidiario contro la sua persone.
LE INDAGINI – Le indagini, condotte dal Nucleo operativo di Petilia, a partire da aprile e fino al successivo mese di agosto, culminarono con l’operazione “Impluvium” che portò alla sbarra, perché destinarie di un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Catanzaro, sei persone, tutte, a vario titolo, accusati di essere i materiali esecutori del barbaro omicidio. In particolare, i destinari dell’odierna misura, vennero indagati a piede libero e vennero assolti in primo grado (mentre gli altri vennero tutti condannati). Successivamente, però, proprio grazie alla collaborazione di uno degli esecutori materiali, furono riscontrate le indagini poste in essere dagli investigatori tanto che, lo scorso novembre, anche gli ultimi quattro furono condannati alla pena di 30 anni di reclusione, perché riconosciuti quali mandanti di quell’omicidio, che s’inquadrava, di fatto, nella lotta per il predominio territoriale della cosca petilina, capeggiata proprio da Vincenzo Manfredi (infatti, tutti i soggetti coinvolti nell’omicidio del Vona, a seguito dell’operazione “Tabula rasa” condotta sempre dal Norm di Petilia, sono stati già condannati in primo grado per associazione mafiosa).