Tra gli esempi architettonici che si ispirano ai modelli normanni, va ricordata anzitutto la Cattedrale di Gerace, il più grande edificio religioso della Calabria, il quale, pur se la costruzione originaria risale antecedentemente alla conquista normanna, raggiunse la forma e l’attuale dimensione di sicuro dopo il 1060. La chiesa geracese si compone di una grande navata tripartita nella quale si innesta il transetto. Dal presbiterio di forma quadrata si stende un coro molto profondo terminante con l’abside centrale semicircolare. Delle absidi secondarie solo la sinistra è nella posizione originaria, mentre la destra che si trova in linea con quella centrale è stata realizzata nel 1431 conseguentemente alla costruzione della cappella del Sacramento. Le colonne che dividono le navate, sui cui si impostano archi a tutto sesto, sono diverse l’una dall’altra e per forma e per materiali provenienti dalla vicina area archeologica di Locri. La cupola, che sovrasta la zona presbiteriale e che all’esterno è inglobata in una struttura di forma ottagonale, è manufatto ottocentesco posteriore alla distruzione di quella originaria distrutta dal sisma del febbraio del 1783. Ancora all’interno vi è la cripta che si estende sotto l’intero settore legato al presbiterio e costituisce una fitta rete di colonnine di sostegno delle sovrastanti volte. L’esterno molto sobrio con le sue imponenti masse strutturali si distingue ed emerge su tutto il nucleo urbano circostante. Altro edificio di ispirazione transalpina è la chiesa detta di Santa Maria della Roccelletta nei pressi di Borgia alle porte di Catanzaro Lido, ad unica navata con transetto molto sporgente e presbitero a tre absidi.
È una costruzione sacra molto singolare se non unica e i suoi giganteschi ruderi in materiale laterizio a vista segnati da una sequenza di nicchie incorniciate hanno dato la stura a diverse interpretazioni circa la datazione di fondazione: per molto tempo si è pensato all’accostamento all’architettura ravennate per poi assegnarla definitivamente alla fine del sec. XI. Sono di questo periodo anche le chiese di Santa Maria di Fontelaurato presso Fiumefreddo Bruzio (Cosenza) e il monastero di San Giovanni in Fiore in Sila che rientrano in un particolare filone dell’architettura calabrese che fu fetta anche “Florense” dal suo ispiratore Gioacchino da Fiore. Al modello latino dello stesso secolo si lega, oltre alla tanto conosciuta cattedrale di Santa Severina considerata il prototipo di questo filone, la cattedrale di San Donato di Umbriatico (Crotone), raro ed interessante esempio di edificio sacro con cripta dei primi tempi normanni: Ha un impianto planimetrico a tre navate intercomunicanti da una serie di varchi limitati lateralmente da rozzi piedritti e sovrastati da archi a sesto acuto. La parte presbiteriale è caratterizzata da quattro grandi arconi in pietrame appena sgrossato che si fronteggiano a due a due facendo ricavare uno spazio di notevole significato architettonico, e poi sostenuta da colonne a torciglione la cripta che fu l’originaria chiesa ipogea. Di questo stesso periodo e di influenza lombarda ricordiamo: la chiesa di Sant’Adriano a San Demetrio Corone (Cosenza) con grande navata a sola abside tripartita e mosaico pavimentale riproducente figure di animali e la chiesa di Santa Maria del Patir di Rossano fondata nell’ultimo decennio del sec. XI.
Si tratta di un edificio a tre navate con transetto contenuto nell’ambito dei muri perimetrali su cui sono impostate tre cupole che si rifanno alla scuola orientale. Il chiostro, poi, dell’annesso monastero fondato dall’eremita Bartolomeo da Simeri è architettura di secoli sovrapposti a cominciare dal XV. Per quanto concerne la Cattedrale di Cosenza (distrutta completamente dal terremoto del 1184, ricostruita per volontà dell’abate Luca Campano del monastero cistercense della Sambucina di Luzzi e portata a termine nel 1222 con cerimonia inaugurale presieduta da Federico II di Svevia) bisogna dire che il suo impianto originario è stato alquanto alterato soprattutto nell’allungamento dell’abside centrale voluto nel 1573 dall’arcivescovo Andrea Matteo d’Acquaviva sacrificando uno dei monumenti più importanti della chiesa cosentina, quello di Enrico VII figlio dello stesso Federico. Ricordiamo inoltre la chiesa di Santa Maria della Matina in San Marco Argentano (Cosenza) in cui è ammirevole la sala capitolare voluta dai Cistercensi e la Cattedrale di Mileto, anche questa diruta dal terremoto settecentesco, simile per la parte presbiteriale a quella di Gerace. Insomma sono questi e tanti altri i ruderi – preziosità sparsi in Calabria che costituiscono il grande patrimonio transalpino rigenerato nel mezzogiorno normanno, distrutto dal terremoto del 1783 e che noi dovremmo ricordare e custodire gelosamente come un tesoro affettivo.