Creavano società fittizie a cui intestare terreni e destinare ingenti somme per sottrarle ai creditori e alle casse dello Stato. L’astuto piano messo in atto dagli amministratori e dai soci della società “L’Opera S.r.l.”, con sede a Cinquefrondi (RC) ed operante nel settore della grande distribuzione alimentare, è stato scoperto dai Finanzieri di Reggio Calabria, a cui va il merito di aver accertato una bancarotta fraudolenta per oltre 26 milioni di euro. Le complesse attività investigative svolte hanno consentito di ricostruire un sofisticato disegno criminale volto a depauperare gradualmente le casse e il patrimonio aziendale della società, allo scopo di trarne illeciti vantaggi economici a danno di dipendenti, fornitori, Istituti di credito e dell’Erario. Era l’amministratore unico, V.A.B., con il concorso dei soci, a ordire la fitta trama, attraverso la creazione di 5 società a responsabilità limitata, gestite da parenti e altri soggetti compiacenti, a beneficio delle quali venivano distratti beni e risorse finanziarie, così da sottrarli alla massa dell’attivo fallimentare. Un ingegnoso modus operandi, quello che l’attività d’indagine ha portato alla luce, ideato dall’amministratore unico e dai soci per rendere l’impresa in fallimento, di fatto, una mera “scatola vuota”. Innanzitutto, attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti a favore delle società conniventi, l’intera consistenza di magazzino de “L’Opera S.R.L.”, del valore di oltre 3 milioni di euro, veniva distratta progressivamente, fino ad azzerarsi completamente con l’approssimarsi del fallimento.
Ancora, nell’arco dell’ultimo biennio, a sparire erano ulteriori 1,6 milioni di euro presenti nelle casse della società: all’amministratore e ai suoi complici era sufficiente far risultare fittizi pagamenti in “contanti” per le retribuzioni dei dipendenti o per gli acquisti dai fornitori. “L’Opera S.R.L.” ricorreva, inoltre, alla simulazione della cessione di rami di azienda in favore delle società create ad hoc, al fine di continuare a operare, attraverso queste ultime e sotto mentite spoglie, nel settore della grande distribuzione alimentare. Infine, tramite la complicità di diversi imprenditori del settore edilizio, i vertici della società riuscivano a occultare e a distogliere dalla massa fallimentare la titolarità di alcuni terreni, di cui però continuavano a conservare il controllo e la disponibilità. Terreni, questi, che, essendo divenuti edificabili, hanno visto accrescere il proprio valore nel tempo fino a raggiungere i 5 milioni di euro circa. Per le condotte illecite sopra descritte sono stati chiamati a rispondere del reato di “bancarotta fraudolenta” l’amministratore unico e, a titolo di concorso, 22 soggetti residenti nella Piana di Gioia Tauro.