Una grande ouverture, un momento di grande cultura, con il gotha degli intellettuali cosentini. “Michelangelo e una bottega del Cinquecento a Cosenza”, presentazione-evento che precede la lectio magistralis che il critico d’arte e scrittore Gianfranco Labrosciano terrà stasera sul palco del teatro Garden di Rende. Un grande successo, quello di ieri, di eloquenza e bellezza. Michelangelo,dunque, è servito da meravigliosa liaison per raccontare la storia e l’identità di un popolo, di una città, di un sentire. Cosenza come teatro di un Rinascimento che è spesso sconosciuto ai più, con la sua storica Accademia, con uomini che sono ricordati in un epitaffio eterno tra i grandi di ogni tempo, da Aulo Parrasio a Bernardino Telesio, dal vescovo Martirano che partecipò al Concilio di Trento all’astronomo Giovan Battista Amici, da Lucrezia della Valle a Sertorio Quattromani in un abbraccio incommensurabile tra le arti, letteratura, scienza, poesia e naturalmente bellezza. Michelangelo avvalora quindi l’importanza di Cosenza come la piccola Atene che può annoverare un patrimonio intellettuale, artistico e architettonico di strepitosa forza concettuale. “Perché oltre agli affreschi della Cappella Sistina ce ne sono altri, come quello di Coriolano Martirano, che aveva affrescato la società cosentina e mi aveva preso per mano accompagnandomi nelle stanze della storia tra personaggi come Parrasio, Lucrezia della Valle, Telesio”. Gianfranco Labrosciano ha aperto così la conferenza che ha avuto luogo stamattina presso l’auditorium Guarasci della Provincia di Cosenza. “Così – ha spiegato – ho cominciato a capire che la migliore maniera di omaggiare Michelangelo era rappresentare Cosenza. Costruire un ponte ideale, ricucire un percorso culturale nel quale il prof. Leopoldo Conforti ha fatto da erudito medium affinché anche l’Accademia Cosentina ci onorasse della sua presenza e partecipazione. Perché sono dell’idea che l’arte debba trascinare nella contemporaneità la storia di un popolo e di un territorio. E questa è la nostra sfida”. Dal canto suo, il presidente dell’Accademia Cosentina, l’avv. Ernesto D’Ippolito, ha ricordato in un eruditissimo percorso la storia dell’Accademia e della cultura calabrese. “Vasari ci svela – ha spiegato – che l’unico grande capolavoro è figlio di una trappola, il prodotto di un rigore e di un’invidia. È quanto accadde a Michelangelo, che si immaginava fallisse nell’impresa cui si accingeva. Del resto, Vasari assegna alla Cappella Sistina il compito di illuminare il mondo. E così, dopo Pitagora e Cassiodoro, un uomo come Parrasio, filologo e critico, per mantenere viva la classicità, fondò il cenacolo letterario da cui sarebbe poi germinata l’accademia cosentina. Si sarebbe poi studiato il greco, il latino, l’arabo, e i codici antichi che potevano essere diffusi grazie all’invenzione della stampa. Non fu un caso che Salomonio stamperà a Cosenza una serie di incunaboli”. Inoltre, ha spiegato ancora l’avvocato D’Ippolito, “studiosi come Natalino Sapegno hanno dato atto che l’Accademia cosentina fu uno dei centri di cultura più attivi e spregiudicati in seno alla civiltà controriformistica e barocca”. Il prof. Coriolano Martirano ha espresso la propria “emozione nel ritornare al liceo Telesio. Ho sempre pensato che Cosenza, l’Atene della Calabria, avesse qualcosa in più. D’altronde, fu quando giunse in città Federico II, poco prima della scomunic, che nacque la vera storia della città: quando fu elevata, da Federico, al ruolo di città libera. Non più sottoposta al feudalesimo”. Il grande scrittore ha ricordato gli studium ecclesiastici attivi in città, regalando poi una perla su Telesio, che fu “nipote di un personaggio che secondo il Quattromani “entrava nella stanza del papa senza bussare”, Antonio Telesio”. “L’attività di Telesio fu fondamentale, perché intrecciò una grande collaborazione con l’accademia cosentina. Il titolo del mio intervento – ha precisato – è Telesio e l’Accademia. Ma sarebbe meglio dire che Telesio è l’Accademia”.
La città di Cosenza, nel Rinascimento e in piena Controriforma, fu apertissima alla scienza e all’astronomia, come ha raccontato poi il professor Franco Piperno, docente universitario presso l’ateneo di Arcavacata: “in passato il cielo funzionava da orologio. All’epoca di Pericle i giovani colti conoscevano una quarantina di stelle e almeno una ventina di costellazioni. La realtà non era costituita, come oggi, da strade, luci, segnali”, ha spiegato il professore. “Le uniche immani distanze erano quelle del cielo. Il tempo e lo spazio cambiano in base alla prospettiva. Se guardiamo il mondo dalla stella Arturo, vedremo sulla Terra ciò che accadeva trent’anni fa. Mentre se guardiamo il mondo dalla galassia di Andromeda, vedremo ciò che qui accadeva nella preistoria. Uomini come Giovan Battista Amici, che anticipò il pensiero di Copernico, fecero grande a livello culturale questa città”. Poi, il presidente del Consiglio Provinciale Orlandino Greco, che ha parlato di “rilancio del concetto di ideale di bellezza attraverso la figura di Michelangelo. Oggi la politica – ha detto – è priva di bellezza in quanto priva di etica e di estetica. La crisi della politica porta alla difficoltà di promuovere iniziative. Molti politici nostrani non conoscono la storia del nostro territorio. E a questo bisogna porre rimedio”. Infine, e non certo per importanza, lo storico Vincenzo Napolillo, autore di una “Storia di Cosenza da luogo fatale a città d’arte”, ha esposto la storia della città nel Cinquecento. “Parrasio fu tra quelli che contribuirono al rinnovamento culturale istituendo l’Accademia. Il metodo era quello della giurisprudentia culta, commentare i testi giuridici ricorrendo allo studio della storia, della lingua e della letteratura antica. L’accademia consentì a Cosenza di conquistare il titolo di Atene della Calabria. Cosenza si vantava di quattro meraviglie architettoniche, e mentre Bernardino Martirano, in un sonetto lodava le antiche famiglie cosentine, le capitolazioni del 1565 inaugurarono il nuovo vivere. Seguì la richiesta di registrare le famiglie nobili in un libro grande della nobiltà, mentre la plebe conviveva con la fame e il gravame fiscale. Era costretta, a “pagare il fisco solo per portare il proprio capo sul collo” (Campanella) e a “sperimentare il volto demoniaco del potere” (Machiavelli). Nel pomeriggio, il dott. Diego Marasco parlerà di “Nicola Serra, un economista del cinquecento a Cosenza”. La prof.ssa Alessandra Primicerio esporrà una tesi su “La produzione artistica del Cinquecento nelle chiese di Cosenza”, mentre uno dei più importanti studiosi e umanisti calabresi, il prof. Leopoldo Conforti, parlerà della “Poesia di Telesio”. Stasera, presso il teatro Garden, alle 20,30, la lectio magistralis di Gianfranco Labrosciano in onore del cinquecentenario della Cappella Sistina, definita dal Vasari “la lucerna dell’arte nostra”.