Beni per un valore di circa 11 milioni di euro sono stati definitivamente assegnati allo Stato grazie all’attivita’ del G.i.c.o. del nucleo di polizia tributaria di Catanzaro, in esecuzione di tre provvedimenti richiesti dal procuratore della repubblica di Catanzaro, dott. Antonio Vincenzo Lombardo, ed emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale cosentino. Destinatari delle misure patrimoniali che sottraggono ai mafiosi l’illecita ricchezza accumulata, sono tre fratelli di Cetraro, gia’ implicati nell’operazione di polizia denominata “Cartesio” in quanto accusati di usura, aggravata dalla finalita’ di agevolare la cosca Muto di Cetraro. L’attivita’ delittuosa posta in essere dai tre soggetti e’ stata accompagnata dal costante utilizzo del c.d. metodo mafioso, innescato dalla prospettazione di essere spalleggiati dalla cosca, determinando, pertanto, la completa soggezione delle persone usurate. Le indagini patrimoniali condotte dagli investigatori del G.i.c.o. prodromiche all’emanazione dei provvedimenti di confisca, hanno consentito di ricostruire in capo agli indagati un notevole complesso patrimoniale, costituito da beni immobili, attivita’ commerciali e quote societarie, detenute sia direttamente che attraverso prestanome, il cui valore e’ risultato sproporzionato rispetto alle capacita’ economico-reddituali dei rispettivi titolari.
Uno degli aspetti di maggiore interesse investigativo emersi dagli accertamenti riguarda l’individuazione in capo ai responsabili di una stretta comunione di interessi nella gestione delle loro attivita’ economiche e finanziarie, quasi che gli stessi avessero costituito una sorta di “holding familiare”, dotata di una cassa comune e di potere decisionaleper investimenti collegiali. L’attivita’ di analisi documentale ha consentito, infatti, non solo di ricostruire un complesso intreccio di rapporti societari in continuo mutamento, attraverso varie cessioni e/o intestazioni di quote nell’ambito dei membri della famiglia ma, altresi’, di accertare l’esistenza di una vera e propria “cassa comune”, utilizzata per finanziare l’attivita’ usuraia, nonche’ quale forma di investimento nella costituzione o acquisto di nuove societa’ e/o costruzione di immobili. In effetti, come accertato in sede di indagini patrimoniali, a partire dal 2004 (ovvero nel periodo in cui l’attivita’ usuraia era in fase di piena espansione) i tre soggetti hanno effettuato notevoli investimenti in beni e societa’, alcuni dei quali in maniera ufficiale, altri ricorrendo a fittizi intestatari, utilizzando le considerevoli disponibilita’ finanziarie frutto dell’attivita’ delittuosa posta in essere. I beni complessivamente sequestrati comprendono quote societarie e compendi aziendali relativi a 17 societa’ operanti nei settori di promozione pubblicitaria, edile, produzione e vendita di mobili, calzature, abbigliamento, finanziario ed onoranze funebri, due ditte individuali operanti rispettivamente nei settori di vendita calzature e mobili, 12 immobili ubicati nei comuni di Belvedere Marittimo, Cetraro, Scalea e Longobardi e diverse disponibilità bancarie e finanziarie, il tutto per un valore stimato di circa 11 milioni di euro.