Tempi duri per imbroglioni e arruffoni, avvezzi alle speculazioni e indifferenti alle conseguenze che il loro modo di fare può avere sulla salute dei cittadini. Una tecnica innovativa, messa a punto nei laboratori di Chimica dell’Università della Calabria, d’ora in avanti consentirà infatti di stabilire con precisione assoluta la freschezza dell’olio d’oliva. Senza più ombre o dubbi di sorta in questo delicato settore merceologico. E’ l’importante risultato al quale sono giunti i ricercatori Giuseppina De Luca e Loredana Maiuolo, insieme al prof. Giovanni Sindona, direttore del dipartimento di Chimica di Arcavacata, che la prossima settimana depositeranno un brevetto, già autorizzato dall’Ateneo, basato sulla metodologia della risonanza magnetica. Si tratta di una novità assoluta nel panorama delle attività e delle iniziative, non solo di tipo scientifico, finalizzate ad assicurare la migliore qualità di prodotti, come appunto l’olio d’oliva, che hanno un larghissimo uso quotidiano. E che ogni giorno riguardano milioni di persone, con ripercussioni significative non solo sulle loro buone abitudini culinarie ma, come si diceva, sulla loro stessa salute. Nota per le sue mirabili applicazioni nella diagnostica medica, la risonanza magnetica si è rivelata uno strumento fondamentale di indagine a livello molecolare. Introdotta in Calabria dal compianto prof. Pietro Bucci, indimenticato docente di Chimica e Rettore dell’Unical, è stata portata avanti dalla sua scuola, rappresentata in questo brevetto da Giuseppina De Luca, mentre Loredana Maiuolo ha fornito gli strumenti chimici per funzionalizzare opportunamente le molecole, contenute nell’olio e sottoposte ad esame.
Il brevetto in questione interpreta in maniera efficace e puntuale un disciplinare relativo all’alta qualità dell’olio extra vergine d’oliva, contenuto nel decreto ministeriale del novembre 2012, che definisce l’indice di invecchiamento di un olio in funzione del rapporto 1,2-, 1,3-gliceridi che può variare dal un minimo del 70%, per oli prodotti nel periodo novembre-marzo, al 50% per quelli prodotti nel periodo agosto-ottobre. E’ appena il caso di ricordare che l’unità di ricerca dell’Unical aveva già da tempo pubblicato su riviste internazionali un criterio per tracciare l’origine del prodotto basata sulla identificazione e dosaggio di quei microelementi presenti nell’olio che lo riconducono alla terra dove è coltivato. Questo significa che è possibile fornire un servizio a quei produttori onesti che al di la di ogni dubbio, e non facendo riferimento ad aleatorie prove organolettiche, vogliono certificata in maniera scientificamente valida l’origine del loro prodotto. Quest’ ultima metodologia è legata all’impiego della spettrometria di massa, un fiore all’occhiello del dipartimento di chimica e tecnologie chimiche. La stessa metodologia, opportunamente implementata, è ormai di routine impiegata per la certificazione dell’olio extra vergine d’oliva secondo le nuove direttive europee. Grazie ad essa, infatti, è possibile determinare con notevole precisione il contenuto degli antiossidanti e degli antiinfiammatori presenti nell’olio, che rappresentano marcatori della qualità e della salubrità del prodotto. Infine, utilizzando metodi che fanno parte del bagaglio culturale dei chimici a livello internazionale, è possibile descrivere la tipologia e la quantità relativa di trigliceridi contenuti nell’olio, non già quella di nessun valore dietetico e salutistico legata alla determinazione dei singoli acidi grassi. Metodologie peraltro ampiamente collaudate dall’Ateneo di Arcavacata anche oltre i confini nazionali, come conferma, tra l’altro, la permanenza, su invito, del prof. Marcello Longeri nell’università cinese di Nankino per insegnare risonanza magnetica. Un apporto scientifico basato sulle applicazioni chimico-farmaceutiche, agroalimentari e biomediche e sull’attività scientifica prodotta dal dipartimento di Chimica dell’Unical in questo settore.
Un importante risultato, dunque, il brevetto che De Luca, Maiuolo e Sindona si accingono a depositare, destinato a incidere profondamente su un settore che troppo spesso ha attirato le critiche degli osservatori e, non di meno, dei media. Non poteva esserci migliore risposta, a questo proposito, alle vignette pubblicate il 25 gennaio scorso da Nicholas Blechman sul New York Times, a corredo dell’articolo intitolato “Extra virgin suicide” – cioè l’adulterazione dell’olio extravergine italiano – che hanno fortemente danneggiato l’immagine dell’olio d’oliva italiano a livello mondiale. Ma un significativo segnale è auspicabile venga dato anche alla realtà italiana, che vede nei supermercati la vendita di oli extravergini, inseriti nelle catene di distribuzione da grandi aziende, a meno di 3 euro al chilo! E’ da augurarsi anche una diversa reazione dei produttori calabresi, anche se è riscontrabile un notevole fermento specialmente tra le piccole e medie aziende del settore che hanno espresso la volontà di collaborare con l’Università della Calabria per produrre oli di qualità certificati secondo le nuove normative europei. Operazione, va ricordato, nella quale il laboratorio QUASIORA, del Dipartimento di Chimica dell’Unical – istituito su fondi europei dalla regione Calabria, con il contributo scientifico ed economico di diverse istituzioni di ricerca tra le quali lo stesso ateneo di Arcavacata – è leader nel mondo. La risposta da dare a Nicholas Blechman, dunque, non è quella di continuare a costruire cattedrali nel deserto affidando a operatori con scarsa cultura scientifica la soluzione dei problemi. Ma è quella, a livello regionale, di incentivare nuove iniziative volte a ridare fiducia ai nostri produttori ed a livello nazionale di convincere il legislatore, che esce malconcio dai commenti del giornalista del New York Times, ad instaurare rapporti di vicinanza con la scienza e modificare in termini moderni sia i disciplinari che le direttive da utilizzare, in questo caso nella produzione di olio di qualità, per far uscire le aziende italiane dal buio dove si sono cacciate.