Nello stesso tempo, nella seconda parte, è stato presentato il libro “Abbiamo detto NO – Dieci Internati militari italiani nei campi nazisti 1943-1945”, scritto per conto del COMITES di Hannover da Susanne Wald ed Enrico Iozzelli e frutto di un progetto coordinato da Giuseppe Scigliano (presidente Comites uscente) e finanziato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Dopo i saluti del Console Generale David Michelut, Francesco Bonsignore, vicepresidente del Comites di Hannover, nel suo intervento ha sottolineato che il 27 gennaio 1945, il campo di concentramento di Auschwitz, come scrive Primo Levi, fu liberato dai soldati russi della Armata Rossa.
Auschwitz rappresenta simbolicamente l’assassinio di milioni di persone, soprattutto ebrei.
Ma ricordare e commemorare le vittime della Shoah (sterminio del popolo ebraico) non significa in alcun modo trascurare altri genocidi, ad esempio quello dei Rom, né stabilire inutili priorità tra lo sterminio e le sofferenze di un popolo e quelle di altri popoli.
Primo Levi ha scritto un capolavoro assoluto della memoria e della riflessione, ma non l’ha intitolato “Se questo è un ebreo”, bensì “Se questo è un essere umano”. Ricordiamo le persone.
Ricordiamo le vittime del nazionalsocialismo, ma anche le vittime delle leggi razziali italiane. Oggi ricordiamo anche gli internati militari italiani e tutti coloro che hanno resistito e aiutato le vittime delle persecuzioni.
Perché la commemorazione della Shoah sia utile, tuttavia, non deve limitarsi all’indignazione e alla condanna morale dei crimini nazisti come industrializzazione dello sterminio. Affinché la commemorazione sia utile, è particolarmente importante considerare ciò che è accaduto da una prospettiva storica.
Senza la Prima guerra mondiale non ci sarebbe stata la Rivoluzione russa e il bolscevismo, non ci sarebbe stato il fascismo, non ci sarebbe stato il nazionalsocialismo.
Nella seconda parte Mariella Costa e Giuseppe Scigliano hanno messo in risalto che in quel periodo storico tantissime furono le vittime tra cui molti italiani. È stato brevemente presentato il libro “Abbiamo detto No” dedicato alle biografie di dieci internati militari. Una di queste, quella di Giuseppe Monaldi, è stata letta in lingua tedesca, vista la presenza di un pubblico prevalentemente germanofano.
In chiusura c’è stato un collegamento per via telematica con l’orfano di guerra Pierino Monaldi, figlio di Giuseppe Monaldi. Il suo intervento ha commosso tutti i presenti, che hanno voluto salutarlo e ringraziarlo con un lunghissimo applauso.