Era il luglio del 2011 quando il Ministero dell’Economia e Finanze, di concerto con quello delle Politiche agricole, includeva per decreto il pane prodotto dagli agricoltori nell’elenco dei “prodotti connessi all’attività agricola” sottraendo così tale produzione alla tassazione ordinaria (quella gravante sulle aziende di panificazione) a favore della – molto più favorevole – tassazione su base catastale. Un classico esempio di distorsione della concorrenza che la federazione non si è limitata a pubblicamente contestare ma ha da subito avversato ricorrendo in sede legale contro il provvedimento.
E, a distanza di dieci anni, il TAR del Lazio ha dato pienamente ragione alle motivazioni del ricorso, estremamente dettagliate e ben esplicitate nella memoria legale predisposta dall’Avvocato della Federazione Luca Mazzeo, annullando di conseguenza il decreto Ministeriale e ristabilendo, con buona pace di Coldiretti, la giusta equivalenza fiscale tra fornai e agricoltori.
Qui un estratto delle motivazioni salienti del dispositivo del TAR del Lazio che ha sottolineato come: “Il pane e gli altri prodotti da forno non mai possono essere considerati prodotti di prima trasformazione, derivando non già direttamente da un prodotto agricolo (ad esempio, il grano) bensì dalla farina, che a sua volta costituisce trasformazione del grano, oltre che da altri ingredienti.”
“La attività di panificazione, indi, è funzionale alla realizzazione di prodotti di seconda trasformazione, implicanti l’utilizzo di farina, di lievito, di sale, nonchè di altri ingredienti;”
“Di qui la sua ontologica estraneità alla nozione di attività agricola connessa,”
“la attività di panificazione, indi, “in quanto successiva a quella di trasformazione dei cereali in farina, non è riconducibile nell’alveo civilistico delle attività connesse”.
In definitiva, il TAR del Lazio ritiene che l’inclusione della produzione di pane e dei prodotti da forno tra le “attività agricole connesse” siano in contrasto…con i “principi del Trattato in tema di politica comune dell’agricoltura, assumendo idoneità lesiva delle regole comuni in materia di concorrenza e pregiudizievole per le finalità di essa politica, in esse ricomprendendovi la stabilizzazione dei mercati”
E, prosegue la sentenza, definendo:
“…non giustificata, e quindi irragionevole, disparità di trattamento fiscale tra le imprese esercenti la attività di panificazione, sottoposte al regime ordinario di “impresa”, e gli agricoltori che detta attività di panificazione esercitano (artt. 3 e 97 Cost.), cui si rende applicabile anche per tale attività la disciplina agevolata generalmente contemplata per il reddito agrario;
ma anche :
– l’effetto distorsivo del libero giuoco concorrenziale, e la violazione del principio di parità delle armi nel dispiegarsi della attività economica privata, riveniente da tale regime agevolato,…
“La “misura” oggetto delle censure di parte ricorrente riguarda, dunque, “talune imprese o talune produzioni”, essendo la agevolazione tributaria concessa ai solo imprenditori agricoli, per una attività che altri imprenditori per contro professionalmente esercitano, epperò senza fruire del ridetto beneficium;”
Da tali (ma anche altre, più complesse considerazioni legali alle quali si rimanda alla successiva pubblicazione del dispositivo), il TAR del Lazio conclude annullando i “decreti ministeriali limitatamente alla inclusione, tra i beni che possono essere oggetto delle attività agricole connesse ex art. 32 TUIR, di quelli rivenienti dalla “produzione di prodotti di panetteria freschi” (DM 5 agosto 2010) nonchè dalla “produzione di pane” (DM 17 giugno 2011).”
Con il chè, fatti salvi i possibili e probabili ulteriori ricorsi, a partire da ora, anche gli agricoltori, se vorranno fare pane, avranno i loro bravi costi fiscali.