A partire dal 1468, dopo la morte dell’eroe cristiano Giorgio Kastriota Skanderbeg, che aveva combattuto contro la progressiva espansione dell’impero ottomano in Albania, molti migranti albanesi si rifugiarono nel Sud Italia (tra Calabria, Puglia e Sicilia), rifondando i loro paesi incendiati e distrutti dai turchi. L’insieme di queste piccole e sparse comunità locali è stata denominata Arbërìa. Una minoranza etnico-linguistica che ha conservato propri usi e costumi, canti, tradizioni e lingua, meno quello religioso modificato dopo il trattato di Trento, in un paese, l’Italia, laddove la cultura è completamente diversa.
Al momento in Italia sono riconosciute ufficialmente dodici minoranze. Intorno alla sua storia, al tentativo, per’altro molto ben riuscito, di sensibilizzare e ritrovare la propria identità e le sue radici culturali, hanno lavorato le registe Maria Alba e Graziana Saccente che hanno presentato il cortometraggio “Hora” prodotto dallo scrittore Stefano Benni, nella suggestiva piazza di San Nicola dell’Alto, la conduttrice della serata è stata Filomena Anania, che ha rappresentato anche la produzione e ha portato i saluti di Benni e nelle serate successive in quel di Carfizzi e Pallagorio. Un cortometraggio partecipato da un numerosissimo pubblico arbereshe e non solo, presentato puntualmente e con abilità dalla giornalista Maria Spadafora che ha curato l’introduzione. Il corto, dopo aver partecipato a importanti Festival dedicati al cinema documentario ed essere stato proiettato in prestigiosi cinema ed eventi culturali, in varie città da Nord a Sud, ottenendo molti consensi e riconoscimenti, tra cui quello dell’Università del Salento per il valore scientifico e sociale, Maria Alba, nativa di San Nicola Dell’alto e Graziana Saccente, pugliese, tratta la questione dell’identità italo-albanese, che è estremamente complessa e non completamente risolta e accettata. Storicamente, gli Arbëreshë sono una minoranza italo-albanese presente da più di seicento anni in Italia, discendenti dagli albanesi che soprattutto a partire dal XV secolo furono costretti a lasciare le proprie terre in seguito all’invasione ottomana. Fino al secolo scorso le comunità arbëreshë custodivano ancora dei tratti distintivi che le caratterizzavano rispetto ad altre realtà del Meridione, ma negli ultimi sessant’anni molto è andato perduto: le parole contaminate, la ritualità cambiata, i luoghi dimenticati. Nonostante questo, gli Arbëreshë rappresentano ancora oggi il più grande esempio di interculturalità in Italia. In un momento storico complesso del nostro Paese, la storia della comunità Arbëreshë offre quindi la possibilità di pensare ad un modello realizzabile di convivenza pacifica e di integrazione tra culture diverse, preservando le identità plurali. Un richiamo all’identità perduta o dimenticata che è stata riaccesa dal viaggio fatto in treno con il quale si vede la protagonista, Anastasia Maccarrone, da quindici anni a Bologna, che fa uno dei tanti viaggi di ritorno a casa, dove ritrova sua madre, le sue radici, la sua storia e si sente rivivere, facendo ritorno a casa, anche se per pochi giorni. Ritorna nella sua “Hora”, parola arbereshe che significa paese, luogo di incontro, agorà, legame con le proprie radici. L’opera , in sostanza, attraverso i pensieri e le emozioni di Anastasia sono il punto di partenza di una ricerca sull’identità arbëreshë e sul cambiamento profondo che sta vivendo questa antica comunità. Vengono trattati i temi sul ruolo della donna nella comunità arbëreshë, il senso di appartenenza alla comunità arbëreshë, la percezione della diversità, il legame con la propria terra come luogo del ricordo indefinito, la lingua come santuario della cultura arbëreshë, l’evoluzione di una minoranza etnica in un’epoca moderna. Alla presentazione del cortometraggio ha partecipato la docente presso l’università di Venezia, di lingua e letteratura albanese, Giuseppina Turano, introdotta da Maria Spadafora che fra l’altro ha portato i saluti del produttore, Stefano Benni. Alla molto riuscita e curata serata sono intervenuti il sindaco, Francesco Scarpelli, il vicesindaco Tiziana Basta e il consigliere Giuseppe Santoro. Che hanno fornito la massima collaborazione complimentandosi fra l’altro per l’iniziativa di una loro concittadina, Maria Alba. Molte le riflessioni del pubblico, oltre gli interventi del prof. Giuseppe Ianni, del prof. Giuseppe De Biasi e del prof. Carmine Gentile. Infine, a impreziosire la serata, la lettura interpretativa dell’attrice teatrale Alessandra De Rosario di un testo scritto da Anastasia Maccarrone durante le riprese del cortometraggio, nel corso del viaggio tra Bologna e San Nicola dell’Alto. Una serata ricca di emozioni, ricordi, dove, crediamo, la comunità albanese presente, forse, ha ritrovato per una sera, l’orgoglio delle proprie radici. Sicuramente le due registe, Maria Alba e Graziana Saccente, hanno trovato un modo nuovo e originale per parlare di identità, radici, integrazione vera e condivisa.