Da sei anni parlare di Cina, significa parlare esplicitamente o meno, della “Nuova via della seta“. Il “Belt and Road Initiative”, cioè il grande progetto, oppure sarebbe meglio dire il “Sistema” con cui Pechino punta a rilanciare il connubio infrastrutturale e commerciale della grande massa continentale eurasiatica e a realizzare una nuova architettura economico-commerciale. La nuova via della seta conoscerà numerosi ostacoli durante la sua realizzazione. Infatti, la Cina sta sviluppando una strategia che comporterà il cambiamento degli equilibri internazionali e a vederla da un’altra angolazione sono i Paesi che da essa avrebbero meno da beneficiare, Stati Uniti in primis.
Il governo italiano è pronto a firmare il memorandum d’intesa per aderire alle nuove vie della seta e la nostra nazione sarebbe il primo membro del G7 a entrare nel progetto infrastruttural-commerciale di Pechino. Accordo sgradito agli Stati Uniti che hanno subito esternato la propria contrarietà mettendo in dubbio l’effetto benefico dell’iniziativa per il Belpaese. Il Mediterraneo diventa sempre più strategico e la sua centralità non si esaurisce nell’Hub del Pireo. Il porto di Gioia Tauro con 2,8 milioni di container movimentati nel 2016 è primo in Italia e sesto nel Mediterraneo dopo gli scali spagnoli di Algeciras, Valencia e Malaga, Tangeri in Marocco e il Pireo in Grecia Anche se nel 2018 il porto di Gioia Tauro ha perso un volume di traffico del 6% a causa di una diatriba interna tra le due società concessionarie delle attività del terminal container.
Lo scalo di Gioia Tauro è più vicino dei porti spagnoli e del Marocco per il trasporto delle merci provenienti da Oriente che attraversano il canale di Suez per arrivare nel Mediterraneo ed è anche meno decentrato di Atene rispetto al cuore dell’Europa. Da Gioia Tauro si raggiunge Berlino, attraversando il Brennero, con un percorso di 2.100 km, mentre da Atene aggirando la Serbia come prevedono i corridoi ferroviari, occorrono 2600 km con un aggravio di spese aggiuntive.
Tuttavia il Governo ha scelto di non considerare la posizione strategica del porto di Gioia tauro nel cuore del Mediterraneo a vantaggio dei porti del Nord. In Italia c’è una «chiara ripartizione funzionale» tra il Nord che ha porti di tipo «gateway», dove cioè i container vengono spostati sui treni e raggiungono i mercati di destinazione. Mentre il Sud Italia ha soprattutto porti di puro «trans-shipment», cioè dove i container si trasferiscono su navi più piccole, un’attività con «prospettive modeste». Gioia Tauro, in effetti, se resta solo uno scalo di trasbordo merci è destinato al declino. Però la Calabria, al contrario di Malta o della Sardegna dove ci sono scali importanti di trans-shipment, è una penisola e potrebbe essere collegata alla rete ferroviaria europea adeguando gli standard del trasporto merci ai due parametri-chiave: lunghezza dei treni-portacontainer di 750 metri e sagome dei vagoni definite PC80. Gioia Tauro e la Calabria non devono essere escluse da questa nuova architettura economica. Non è possibile escludere la Rotterdam del Mediterraneo a favore dei porti del Nord.
Infatti il Governo non investe né sul porto di Gioia Tauro né sulla rete ferroviaria calabrese. In relazione a quanto espresso è chiaro che dalla decisione del Governo dipende il futuro della Calabria.