La plastica abbonda negli oceani, causando gravi danni all’ambiente e alla fauna marina. La possibile soluzione l’ha trovata un gruppo di ingegneri cileni, semplicemente, usando il calcare al posto del petrolio. La plastica, se ancora avrà lo stesso nome, ricomparirà senza remore nei supermercati e nei bar, finalmente biodegradabile. Anzi, per l’esattezza, solubile. Il team di scienziati avrebbe messo a punto una formula chimica che produce, lo stesso risultato al tatto, per un materiale che però si scioglie a contatto con l’acqua, diffondendo sostanze che non sono nocive. Roberto Astete, direttore di SoluBag, presentando il prodotto in Cile, fra i primi Paesi a vietare i sacchetti monouso di plastica, ha spiegato: “Il nostro prodotto è un derivato calcareo che non ha impatto sull’ambiente…, si spera di mettere in commercio già da ottobre”. Due le borse, una più tradizionale che si dissolve in acqua fredda, l’altra, più resistente e in “tela”, dentro quella calda. “La grande differenza tra la plastica tradizionale e la nostra è che la prima rimarrà tra i 150 e i 500 anni in natura e la nostra solo cinque minuti. Decidiamo quando distruggerla: presto potremo riciclare nella lavatrice”. E i costi? Non molto differenti da quelli attuali, assicura: «Basta cambiare la formula». Questo materiale green invece di macerare nelle discariche o negli oceani può essere solubile. Bentornati, dunque, sacchetti che (non) inquinano, confezioni di frutta e verdura, cannucce colorate dentro i cocktail, contro cui si è scatenata la guerra. L’augurio per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” è che la ricerca scientifica possa dare un contributo alla soluzione di questo grave problema. L’ambiente e l’uomo, in particolare, ne trarranno grandi benefici.