Al fisco infatti non basta sapere che l’ha acquistata grazie a improvvisi afflussi di denaro, come una donazione: vuole sapere anche grazie a quali introiti sostiene i costi di gestione. E se i redditi ufficialmente sono modesti allora vuol dire che il contribuente percepisce somme in nero. Lo ha sancito la Corte di cassazione che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ribaltando la tesi sostenuta prima dalla Ctp e poi dalla Ctr di Milano che avevano annullato l’atto impositivo.
Scatta l’accertamento con redditometro se il contribuente non giustifica le spese di gestione dell’auto di lusso. È insufficiente la prova degli incrementi patrimoniali per l’acquisto. La Cassazione, con ordinanza 16122 del 19/6/2018, ha accolto il ricorso delle Entrate. Un contribuente, nonostante i redditi modesti aveva acquistato e mantenuto auto e appartamento di lusso. Era scattato l’accertamento che l’uomo era riuscito a far annullare dimostrando degli incrementi patrimoniali, esentasse, tali da giustificare l’acquisto. Ctp e Ctr Milano avevano accolto la tesi della difesa annullando l’atto impositivo. Ora la Corte ha ribaltato il verdetto. Gli Ermellini hanno chiarito che «in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Nel caso sottoposto all’esame della Corte, dall’avviso d’accertamento emerge come il reddito accertato scaturisce non solo da spese per incrementi patrimoniali, ma soprattutto, per spese di gestione dell’autovettura di lusso e dell’appartamento di 550 mq e altre voci minori, mentre, effettivamente, i giudici d’appello, hanno incentrato la loro attenzione esclusivamente sulla giustificazione degli incrementi patrimoniali, senza accorgersi che il maggior reddito accertato scaturiva dalle spese di mantenimento di tali beni, il cui acquisto era stato, in parte, giustificato dall’ufficio, ma senza conteggiare l’importo proveniente dalla successione.