Nel 1999 una scoperta sensazionale nel sito archeologico di Capo Cocolonna: dietro la chiesetta una piccola necropoli, non di origine greco – romana ma seicentesca legata alla gente che vi abitava al tempo, probabilmente custodi della chiesa o eremiti. La scoperta a seguito di una campagna di scavo, regnanti la Soprintendente archeologica della Calabria Elena Lattanzi e il Direttore degli scavi e del Museo archeologico statale Roberto Spadea.
Lo spazio che comprende le sepolture è per la verità di difficile accesso e comunque pericoloso perché posto a picco sul mare soggetto alle violente mareggiate e agli effetti del bradisismo. Si disse subito che lo scavo aveva riportato alla luce 35 sepolture, 25 delle quali attribuite al ‘600 e altre ottocentesche. Awcolto gli esperti si tratta di sepolture ad inumazione singola e qualcuna multipla accompagnate da corredo funerario piuttosto semplice, E non solo.
Sotto la chiesa “in asse con l’altare è stata scoperta una camera ipoigeica ( 2m x 1.60 di profondità) in cui sono deposti quattro scheletri”. Ed ancora. Là sotto, scoperto un labirinto di muri appartenuti alla domus romana presente nell’area. Orbene, anche questa scoperta abbandonata al suo destino? Come le tante altre disseminate dentro il perimetro del centro capoluogo? Come il mosaico, detto di Paolo Orsi, reinterrato nel parco archeologico proprio di fronte la chiesa? E intanto il cemento è sempre pronto!
Già il cemento! Per tanti vuole essere la panacea di tutti i mali anche di quelli molto gravi come la caduta della falesia attorno al promontorio lacinio. E però, basta vedere le foto allegate, anche il cemento cede di fronte alla violenza delle mareggiate. Cosi serve poco un rattoppo di cemento appunto per cercare di salvare la chiesetta da un probabile, non sia mai, crollo. Troppe risorse pubbliche si sprecano sull’area archeologica crotonese per interventi talvolta inutili. Perché non si guarda alla chiesetta? Prima che sia troppo tardi!