Una noce per barchetta,
colorata come il sole
quando bacia l’orizzonte.
A bordo due omini senza età,
sembrano bambini capricciosi,
raggianti per i doni del pescato.
Il tempo di toccar la calda riva
e l’oro bianco è già sparito,
tra gli amici di quel dì
e tra chi altro primo arriva.
Al tramonto
non è raro riscontrare
un tenero profilo, chino su se stesso,
mentre tesse reti antiche come il mare.
Gesti sapienti,
ricchi d’arte e di umiltà,
celano pazienza
guidando abilmente la “cucedda”
con ritmi brevi e cadenzati.
Forse d’oriente è il suo profilo,
vestito d’eleganza dignitosa,
si distingue tra tutti per la via,
giacca andante e capelli
d’argento baroccati.
Tutti lo salutan con affetto
e ogni angolo di strada
ne conosce i passi, timidi e felpati,
quasi a carezzar l’amata terra.
Tanto mare è passato sotto i remi,
adesso è tempo di saluti.
Brillano i suoi occhi
nel guardar l’ultima luna,
e timidando piano piano,
sussurra dolcemente:
“Il mio nome è Turuzzu,
Turuzzu e Lucente”
Cataldo Filippelli – Copyright © – 25.09.2016