Legambiente Calabria non si sorprende della notizia del ritrovamento di 10 bovini oggetto di colpi di fucile in località Valle Tacina, in zona 1 del Parco nazionale della Sila, visto che da tempo sono state denunciate nell’area protetta piccole e grandi violazioni della legge.
E’ chiaro ed inequivocabile il segnale di tipo mafioso che rappresenta il ferimento e l’uccisione dei bovini. L’accaduto deve far deve interrogare tutti coloro che hanno responsabilità istituzionali e bisogno riflettere, non solo sulla capacità dell’Ente Parco di rappresentare uno strumento di conservazione della natura e di presidio di legalità, ma anche su chi opera o frequenta l’area protetta in modo che ci possa avere un monitoraggio più mirato.
Ci si deve interrogare ed interroghiamo l’Ente Parco su come lo stesso viene gestito. Si vuole capire se e come avvengono i controlli delle persone che, come si evince, possono disporre di armi da fuoco notoriamente vietate in un’area protetta, e che invece possono tranquillamente sparare e lasciare in bella mostra gli effetti del loro delitto da rivendicare in maniera plateale.
Può trattarsi di vendetta, di sconfinamento, di avvertimento o di altra ragione, quello che comunque è evidente è che la violenza mafiosa, spesso silente, in alcuni casi, come questo, emerge in maniera chiara e sfrontata.
Legambiente chiede chiarezza sui fatti accaduti, chiede se la presenza dei bovini è ammissibile in una zona 1 di parco, se esistono piani di pascolo approvati oppure se queste attività avvengono in maniera illegale.
Infine, Legambiente rinnova l’invito al Ministro dell’Ambiente di porre fine alla lunga fase di commissariamento dell’Ente Parco, che dura oramai da tre anni e di nominare il consiglio direttivo per dare al Parco una governance degna di questo nome che, in tutti questi anni, non ha mai avuto.
Si è già ricordato in altre occasioni come le aree protette siano spesso oggetto di attività illecite nel settore agricolo, zootecnico e forestale e come queste si alimentino di risorse economiche pubbliche e che le stesse sfruttano beni e patrimoni pubblici per fini illegali. Occorre, quindi, dare una svolta al Parco della Sila, e per fare questo occorre estirpare sul nascere il germe della violenza e della illegalità, ma occorre contestualmente rimuovere una governace del Parco che ha dimostrato incapacità e insipienza.