E’ morto il boss Bernardo Provenzano detto Binnu u’ Tratturi (Bernardo il trattore, per la violenza con cui falciava le vite dei suoi nemici), Zu Binnu (Zio Binnu) e Il ragioniere. 83 anni, malato da tempo, indicato come il capo di Cosa nostra, venne arrestato dopo una latitanza di 43 anni l’11 aprile del 2006 in una masseria di Corleone in Sicilia, a poca distanza dall’abitazione dei suoi familiari. Il capomafia è morto mentre era detenuto al regime di 41 bis nell’ospedale San Paolo di Milano. Tutti i processi in cui era ancora imputato erano stati sospesi perché il boss, sottoposto a più perizie mediche, era stato ritenuto incapace di partecipare.
L’ARRESTO – La fine della latitanza di Provenzano si deve al calabrese Renato Cortese, lo specialista nella cattura dei latitanti, nel suo curriculum anche Giuseppe De Stefano, Gioacchino Piromalli (e tutto il clan), Rocco Gallico, Achille Palmi. L’arresto di Provenzano è stato il successo più grande per Cortese, attuale capo dello Sco originario di Santa Severina nel crotonese: il boss venne catturato l’11 aprile 2006, dopo 43 anni di latitanza. “La determinazione e la caparbietà – disse Cortese, raccontando l’esperienza della cattura di Provenzano – sono essenziali per raggiungere un obiettivo. Alla fine vengono sempre premiati e non bisogna mai arrendersi davanti alle prime difficoltà”. “Credo molto nei giovani. Se le cose cambieranno sarà soprattutto merito loro”.
LE INDAGINI – Le indagini che portarono all’arresto di Provenzano si incentrarono sull’intercettazione dei famosi pizzini, i biglietti con cui comunicava con la compagna ed i figli, il nipote Carmelo Gariffo e con il resto del clan. Dopo l’intercettazione di questi pizzini e alcuni pacchi contenenti la spesa e la biancheria, movimentati da alcuni staffettisti di fiducia del boss, i poliziotti della Squadra mobile di Palermo e gli agenti della Sco riuscirono a identificare il luogo in cui si rifugiava Provenzano. Individuato il casolare, gli agenti monitorarono il luogo per dieci giorni attraverso microspie ed intercettazioni ambientali, per avere la certezza che all’interno vi fosse proprio Provenzano.
IL BLITZ – L’11 aprile 2006 le forze dell’ordine decisero di eseguire il blitz e l’arresto, a cui Provenzano reagì senza opporre la minima resistenza, limitandosi a chiedere che gli venisse fornito l’occorrente per le iniezioni che doveva effettuare in seguito all’operazione alla prostata. Il boss confermò la propria identità complimentandosi e stringendo la mano agli uomini della scorta e venne scortato alla questura di Palermo.
IL CASOLARE – Il questore di Palermo successivamente confermò che per giungere alla cattura le autorità non si avvalsero né di pentiti né di confidenti. Il casolare (il proprietario del quale venne arrestato) in cui viveva il boss era arredato in maniera spartana, con il letto, un cucinino, il frigo e un bagno, oltre che una stufa per il freddo e la macchina da scrivere con cui compilava i pizzini.