Quella dell’amico Saverio De Bartolo è una produzione fertile, tanto fertile ma mai effimera, che si snoda nel tempo sempre percorrendo una propria individuale visione della realtà che sprona a capire meglio il valore del rapporto con la tradizione che non è disgiungibile dalla geografia esistenziale dello scrittore, dalla sua Cirò vissuta. Mi par di poter dire, conoscendolo, che l’opera di De Bartolo è essenzialmente unione tra l’urgenza dell’attualità, l’esigenza di rinnovamento e la tradizione; una tradizione non intesa come staticità di situazioni piuttosto un continuo dinamismo di eventi, azioni e sensazioni. Tutto il lavoro editoriale del cirotano manifesta il tormento e il timore visto che noi della civiltà postmoderna stiamo mettendo una pietra su quel che fu.
LIBRI DELLA MEMORIA – Ma, piace ripetermi, non è così, non può essere così e De Bartolo ce lo ricorda, amaramente ce lo ricorda nei versi di una delle sue poesie “Tre campanelle” laddove scrive: “Mi giungono i rintocchi di lontano/di tre campanelle di una chiesa./ Lontano mi riporta al mio paese/ alla mia casa della Cacovia,/ la casa dei miei nonni al crocevia/ delle campane di San Menna/e della chiesa di Santa Maria./ Quanti ricordi quanta nostalgia/ degli anni verdi della scuola mia/ del lavoro dei campi/ della feste dei Santi/ santa Lucia, Natale e Capodanno/ ‘agurii e bonannu/ fammi a strina ch’è Capudannu’,/ i bambini dietro l’uscio/ delle case della festa/ san Giuseppe coi fuochi i canti e i balli/ nella piazzetta angusta eppur gremita/ san Cataldo che scende alla Marina/ san Nicodemo il santo cirotano/ san Francesco patrono con la fiera./ Le campane, le campane e i dì di festa/ i rintocchi al mattino e a mezzogiorno/a sera i rintocchi dell’Avemaria./ È lontano quel tempo/vive nel sogno quel ricordo.” Negli anni ci ha donato libri della riflessione e della memoria come Il Cerusico di Mizzana del 1997; I temi politici della sinistra extraparlamentare negli anni ’70: il caso del Manifesto( 1998); dello stesso anno Il Manifesto anni ’70: “una rifondazione politica” a sinistra del PCI. Analisi dei contenuti delle tesi del Manifesto; AmaraMente, Miscellanea di versi del 2003; “Kakovia” del 2004; Famiglia De Bartolo, via Kakovia n. 6 Cirò (2006) e ancora in questo stesso anno Se la buona Marta …; e poi nel 2007, dedicate al suo famoso conterraneo Le Cinque Novelle, con autobiografia di Luigi Siciliani e Carissimo Gigi, Lettere di Giovanni Pascoli a Luigi Siciliani; A froggia e Mastu Lorenzu del 2010 e Si sa che… Montedison, le ricerche, le persone… del 2012 con prefazione di chi scrive questa nota.
DIARIO RICCO DI EMOZIONI – Quest’ultimo libro, mi piace ribadirlo, è il rinnovato racconto di una vita che l’amico scrittore ha voluto testimoniare alle giovani generazioni perché sappiano e non dimentichino; un racconto esemplare, ricco di buoni sentimenti e spiritualità anche, dove il tempo e il passato non assumono un aspetto evanescente ma risonanza di umanità ed esperienza; una sorta di diario ricco di sensazioni, emozioni, sentimenti. Su questa traccia è la pubblicazione fresca di stampa (maggio 2016) per i tipi della CopyArt di Ferrara dal titolo essenziale “Civiltà contadina nel territorio di Cirò nel primo ‘900”. Solo a leggere il titolo potrebbe sembrare un libro anacronistico e comunque lontano dagli interessi culturali e dalle problematiche sociali della nostra quotidianità. E invece non è così. È essenziale non perdere la nostra identità, la nostra storia, il nostro passato, il nostro essere, il nostro nome, i nostri genitori, la nostra terra natia. Ed è questo che vuole evitare l’autore di questo libro che ho avuto il gusto di leggere in questi giorni. E si rivolge soprattutto alle giovani generazioni, non solo di Cirò, troppo distratte da consumismo, materialismo e facile edonismo. Insomma ricordare, fare memoria.
VIAGGIO ATTRAVERSO LA STORIA – Per lo questo nobile scopo, ci ha lasciato opere speculari, assieme a questa, che meritano di essere rilette, approfondite e perché no aggiornate da ulteriori studi e documenti. Forse vado ripetendomi ma non posso esimermi dal dire che siamo davanti ad un viaggio nel tempo che accarezza la memoria. Un viaggio che attraversa la storia, sospesa nel passato, in quel tempo che ancora sa incantare, che racconta la storia di Cirò, del Cirotano, della gente di Calabria insomma. Pagina dopo pagina, ogni angolo assume un volto familiare; emoziona e appassiona e diviene memoria e identità. Scorci di una strada animata, fra giardini ed orti, fra uliveti e stalle, fra vecchie case, luci e tanta vivacità, quasi un dipinto di quello che è stato e che purtroppo va scomparendo se non è già scomparso in alcuni tratti. Una vera miniera di dati, corredata anche da una ricca bibliografia, un interessante itinerario storico – antropologico che, nei trentaquattro capitoli che lo compongono, ruota tutto attorno alla fierezza di un popolo, tribolato ma mai sconfitto e sorretto da tanta Fede seppur corretta da pregiudizi; figure, luoghi, personaggi, giochi, chiese, feste e i vari e tanti lavori del contadino; gli animali come pregiudizio e tanto altro ancora. Al postutto Saverio De Bartolo risulta essere interprete di un linguaggio artistico, tra poesia e scrittura, da definirsi propedeutico alla riappropriazione di un’identità storica, forse smarrita, ormai, nella babele di una civiltà, se così si può dire, delle immagini e dei disvalori troppo sovrastante e devastante.