La nostra costituzione recita: l’italia e’ una repubblica fondata sul lavoro e riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ma possiamo affermare a chiare lettere che il diritto al lavoro non esiste! Questa amara realta’ la viviamo giornalmente sulle nostre spalle, aziende che chiudono i battenti perché clienti e consumatori non acquistano più i beni che produce e i servizi che eroga, di conseguenza, le tasse, tributi locali e contributi non riesce a pagarli, quindi, non può fare altro se non abbassare le saracinesche. E questa disastrosa situazione non fa altro che andare a “gonfiare” quel enorme esercito di disoccupati. Ma la situazione più preoccupante sono i giovani laureati e non, che non riescono a vedere un futuro che dia loro la certezza di avere un lavoro stabile e sicuro per sperare di costruirsi una famiglia e una vita dignitosa. Alla vita adulta, si dice, ci si arriva soprattutto grazie al lavoro. E’ da un impiego, dalla capacità di autofinanziarsi, dalla possibilità di esprimersi, che si deve passare. Ma questa porta, già stretta da tempo, si è fatta più stretta. Il lavoro si è fatto sempre più instabile, incerto e insicuro. E troppi giovani, quel passaggio temono di non riuscire a varcarlo o a passarci con troppi stenti. Cresce così tra le nuove generazioni la paura di trovarsi costretti a restare in una specie di limbo che non ha più nulla dell’adolescenza e ha ancora troppo poco della vita adulta, con il rischio che anche il sistema italia, che utilizza molto poco queste risorse, non riesca più a recuperare dinamismo e sviluppo. L’italia, oltre che della continua opera di risanamento delle finanze pubbliche, deve rilanciare la «crescita produttiva e occupazionale». E c’è un «urgente bisogno di dare maggiore attenzione al disagio sociale». Ci sono il disagio delle famiglie, l’aggravarsi di fenomeni di povertà o di rischio povertà. Abbiamo «una crescita molto seria di disoccupazione, soprattutto di disoccupazione e di inoccupazione giovanile». Quello di cui c’è bisogno, secondo noi, è «un mercato del lavoro più trasparente, meglio regolato, più efficiente», ma che crei anche «le condizioni per nuova occupazione soprattutto tra i giovani».
Dunque, il governo, il parlamento, e le istituzioni tutte devono svolgere il loro ruolo nel contrastare la crisi e promuovere la crescita, ma c’è un esplicito riferimento anche al ruolo che devono avere le imprese. La crescita, insomma, è un obiettivo concreto, e «non c’è crescita che possa reggere se non è competitiva» e se non c’è innovazione. Vogliamo sottolineare, come l’innovazione sia per esempio fondamentale in un settore strategico come quello energetico. Ma il suo sguardo è più ampio, i paradigmi di innovazione e competitività vanno coniugati nel quadro delle condizioni imposte dalla dimensione globale del mercato. Noi pensiamo che: fare il ministro del lavoro in un paese dove il lavoro non c’è, è come fare il bidello di una scuola nei mesi “estivi”. Un sacco di persone che sono depresse non sono altro che un corpo e una mente che dicono: “ho bisogno di lavorare”. Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo. Io credo nel popolo italiano. È’ un popolo generoso, laborioso, non chiede che lavoro, una casa e di poter curare la salute dei suoi cari. Non chiede quindi il paradiso in terra. Chiede quello che dovrebbe avere ogni popolo. Non è il benessere né lo splendore, ma la tranquillità e il lavoro, che danno la felicità. Non devono esserci poveri e non c’è peggiore povertà di quella che non ci permette di guadagnarci il pane, che ci priva della dignità del lavoro. Fare il ministro del lavoro in un paese dove il lavoro non c’è, è come fare il bidello di una scuola. Uno dei sintomi dell’arrivo di un esaurimento nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente imponente. Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro.” per uccidere un uomo, non serve togliergli la vita, basta togliergli il lavoro. Dio mi dia lavoro, finché la mia vita non si concluda, e la vita, finché il mio lavoro non sia finito.
Il segretario generale di Casartiginani Crotone
Aantonio Paolino