La crisi morde a Reggio Emilia e la situazione precipita come non mai. L’operazione Aemeilia ha rappresentato l’apice di un declino epocale per Reggio Emilia ma soprattutto per l’intera comunità di lavoratori cutresi. Di questo si è discusso in un incontro avuto con un gruppo di emigrati di Cutro di prima generazione tra i quali anche l’imprenditore Antonio Olivo ed ex consigliere comunale al comune di Reggio Emilia. Sono numerosi i cutresi che lamentano un atteggiamento persecutorio e intollerante nei loro confronti che si ripercuote sul lavoro. Qualcuno ricorda “quando ci si alzava presto al mattino per andare a lavorare e si andava con le ossa rotte a letto presto la sera. I reggiani avevano bisogno della nostra mano d’opera e il lavoro ce lo davano e noi lavoravamo. Abbiamo lavorato tanto e soprattutto abbiamo dato un grosso contributo alla crescita di questa città. Le nostre storie sono nei comuni dove abbiamo lavorato”. È ormai opinione diffusa che a Reggio si stia commettendo un grave errore a non prendere in considerazione le conseguenze che il fenomeno della criminalità ha comportato per il resto degli emigrati cutresi. Ma Reggio Emilia continua imperterrita la sua legittima lotta. Sul banco degli imputati vengono messo sotto accusa tutti i cutresi con il grave pregiudizio che l’essere cutrese presuppone essere mafiosi. Una forma di razzismo d’altri tempi che nasce dalla paura delle infiltrazioni della ndrangheta. Incensurati considerati in “odore di mafia” solo perchè aventi rapporti di parentela o di semplice conoscenza con persone che a loro volta sono considerati in odore di mafia. Emblematico è stato, nella furia, l’arresto del giovane imprenditore arrestato per errore in piena notte lo scorso 28 gennaio. Dai cutresi si pretende collaborazione e meno omertà. I cutresi vengono accusati perlopiù per quell’humus culturale radicato in ognuno, quasi di protezione verso certi fenomeni. Ci si chiede come si fa a collaborare con una città così ostile nei loro confronti e soprattutto con una giustizia alquanto incerta.
Quando liberi cittadini e buon padri di famiglia non denunciano ci si dovrebbe chiedere il perché? C’è paura di ritorsioni ma forse c’è anche una forte sfiducia nelle istituzioni. È di recente la notizia apparsa sulla stampa reggiana, frutto di un intercettazione ambientale, secondo cui sarebbero 7.000 i cittadini di Cutro a sostegno dei Clan. Il parroco sociologo don Pietro Pattacini in un suo libro sulla comunità cutrese con dati alla mano, di cittadini cutresi a Reggio Emilia ne contava 8.000 in tutto, compreso donne e bambini. Esagerata sembra anche l’accezione che a Reggio Emilia comandano i cutresi. Ma, aldilà dei numeri, la posizione assunta dalle istituzioni reggiane e dalla stampa rischia, di degenerare. Neanche un rigo a favore di quella quantità numerosa di lavoratori che nella rossa Reggio Emilia, una città oggi in crisi di valori, ha tracciato pagine di storia indelebili. Non una parola sui temi del lavoro. Non una parola sulla crisi economica e le nefaste conseguenze che su questi lavoratori ha implicato. Un vero e proprio linciaggio mediatico quello che si sta consumando, tra l’altro ravvisato anche in passato dallo stesso procuratore Alfonso che insieme ad Enzo Ciconte e lo stesso Del Rio avevano in varie occasioni espresso parole di tutela verso quei cittadini laboriosi di Cutro che rischiavano di pagare le conseguenze perché provenienti da certi territori. Una lotta legittima e condivisa quella contro la criminalità che rischia di diventare ingiusta per i motivi ormai noti a tutti. Ma soprattutto è la conferma che questo tipo di lavoratore non interessa più alla causa reggiana. Proprio Reggio Emilia la città che è stata un baluardo nella difesa dei diritti e dell’uguaglianza. Lo dimostrano le lotte storiche che in questa città si sono consumate nel tempo a favore di varie etnie e che oggi non convincono più perché strumentali ad interessi di partito ed elettorali. Con il rischio di permeare ancor più il virus leghista che oggi non ha più colorazione politica e paradossalmente anche nel Sud sta infettando larghe frange di popolazioni. Un invito al sindaco e ai vari rappresentanti istituzionali a riprendere il dialogo e promuovere iniziative ed incontri per approfondire con più onestà intellettuale il profilo di questa forza lavoro che è stata utilissima alla causa reggiana.
Era un comunicato. In ogni caso articolo o lettera che sia tengo a puntualizzare che il contenuto di questa nota è quello che emerso da un incontro con alcuni emigrati di prima generazione che sentono il peso e pagano le conseguenze di quanto è successo a Reggio Emilia negli ultimi anni. Questa rammarico e supportato da fonti attendibili frutto di anni di ricerca sulla storia di questi lavoratori. La vita dei lavoratori di Cutro a Reggio Emilia non è stata facilissima neanche quando si stava bene.
Il messaggio che si vuole mandare e sembra chiaro è un invito alle istituzioni al “DIALOGO” IL Confronto è la più alta espressione di democrazia. E’ doveroso da pare di ogni amministrazione tutelare cittadini lavoratori che rischiano di pagare ingiustamente le conseguenze di fenomeni sia pur molto gravi di cui non hanno alcuna responsabilità.
In questo articolo viene omesso qualcosa.
ma è difficile capire che è una lettera e non un articolo