Sullo Jonio reggino dopo Palizzi, risalendo ancora per una decina di chilometri fino a 550 mt (s.l.m.), si arriva a Staiti che dal suo balcone naturale domina tutta la vallata della fiumara di Bruzzano. Circa le sue origini ed il suo curriculum storico dobbiamo riferirci ad un documento del 1571. Si tratta di un contratto di vendita dal quale si evince che Alfonso d’Ayerbis d’Aragona, feudatario di Palizzi, scambiava la terra della vicina Brancaleone con un Casale attiguo a Donna Eleonora Stayti di Messina in occasione del matrimonio della propria figlia Ippolita con Andrea Stayti Spatafora. Ne discende che il detto Casale da questo scambio di possesso prese il toponimo di Staiti, appunto dai loro proprietari. Da qui comincia la storia del centro preaspromontano che, in sostanza, ha percorso le stesse peripezie feudali uguali a tantissimi altri paesi calabresi. Nel centro abitato emerge, di particolare interesse storico ed artistico, la chiesa parrocchiale voluta per ricordare la vittoria di Lepanto del 1571, appunto la chiesa detta di Santa Maria delle Vittorie edificata nel 1612. All’interno del seicentesco edificio sacro, tra le altre opere, una statua marmorea, della Madonna col Bambino e datata 1652. Ma il monumento di più forte attrazione e di grande interesse storico, artistico e spirituale, lo troviamo alla periferia d’ingresso di Staiti nella contrada Batia, in prossimità del torrente Pantano. È la monumentale chiesa di Santa Maria di Tridetti dell’XI secolo: grandiosi ruderi di una chiesa basiliano-normanna. Circa le sue origini, la tradizione popolare tramanda che in tempi molto lontani un forte maremoto si sarebbe abbattuto su Delia e gli abitanti per salvarsi sarebbero fuggiti, molti a Pedavoli e molti altri qui, nella contrada Batia di Staiti. Qui la gente, scampata al pericolo e volendo ringraziare Nettuno, dio del mare, fece edificare un tempio, ed è da Nettuno che prende il nome “Tridetti”, corruzione del termine “tridente” che era appunto l’arma del dio del mare. Nei secoli a venire, su quel tempio distrutto venne eretta un’abbazia brasiliana la cui fondazione risalirebbe a molti anni prima del Mille.
Secondo A. Frangipane la Santa Maria di Tridetti è stata una basilichetta originariamente greca dell’VIII sec. e ricostruita nel sec. XI con Ruggero il Normanno. Per l’archeologo P. Orsi: “…sul finire del sec. XI ed i primissimi del XII sec. nasce Santa Maria dei Tridetti […] con tutta probabilità […] sulle rovine di una più antica chiesa schiettamente bizantina. In Santa Maria […] officiavano pochi monaci basiliani dell’attiguo convento di cui ogni traccia è scomparsa”. Un altro riferimento ce l’offre G. Santagata che in “Calabria Sacra”, riferisce di una relazione ispettiva voluta da Papa Giulio II dalla quale emerge “che il visitatore apostolico giunto a Santa Maria dei Tridetti, il 9 maggio 1551, trovò nella desolata zona il monastero con un solo giovane laico; la chiesa senza ornamenti e ridotta ad una spelonca”. La facciata della chiesa è rivolta ad occidente, mentre l’abside ad oriente. Sul frontespizio spicca il piccolo campanile a cuspide ed un portale leggermente ogivo fiancheggiato da due mezze colonne. Sul transetto si innalza la cupola sorretta da robusti pilastri in cotto e all’interno è sostenuta dagli archi del presbiterio sormontati da capitelli marmorei provenienti dai templi della magnogreca Locri. Della chiesa dei Tridetti il critico B. Cappelli scrive che: il sistema di costruzione di questa è del tutto bizantino, come all’arte bizantina si rifà il colorato paramento che però accoglie qualche motivo islamico e nordico, come di influenza musulmana è l’uso di qualche arco acuto e delle colonnine addossate ai pilastri quadrati”. Mi piace concludere questa nota con le parole di M. Camera che di Santa Maria dei Tridetti ci comunica e ci fa sentire intensamente il fatto che “ci trasmette il senso di uno spazio di contemplazione edificato con semplicità di materiali, che esprime la massima espressione della religiosità del suo tempo”, insomma fu “quasi per un millennio centro di grande irradiazione religiosa e meta di pellegrinaggi popolari”. Oggi è luogo di curiosità e studi e comunque bisognoso di maggior conservazione e, perché no, di più diffusa conoscenza attraverso canali di pubblicità e non solo nostrani.