Sul versante tirrenico e qui il monte Cocuzzo (1592 mt.), vulcano e faro durante i viaggi di Ulisse, delimita il territorio costiero di Fiumefreddo Bruzio dalla vallata del Crati. È territorio tra mare e monti attraversato dall’ antica strada carovaniera che originandosi dalla vallata giungeva a Pandosia (oggi Castelfranco), risaliva sui monti per poi terminare il suo corso al porto di Temesa, Fiumefreddo appunto. Il toponimo di questa cittadina è evidente che derivi dalle acque fredde del suo fiume. Il paese, intorno al Mille, veniva nomato “Flumen Frigidum” e solo nel XIX, dopo l’unificazione d’Italia, Fiumefreddo ebbe aggiunto l’attributo di “Bruzio”. È il paese dell’Appennino Paolano che conserva uno dei centri storici più apprezzati della Calabria e non solo. È qui che son da vedere i famosi “murales” di Salvatore Fiume impressi sui ruderi del castello. Numerose opere d’arte, poi, son ben conservate nelle tante chiese sparse per il centro. Ed è qui che sorge l’antica abbazia florenze detta del “Fonte Laurato”. Il monastero sorge nella contrada Patia ai piedi del monte Barbaro, contrafforte di roccia calcarea sul versante nord-ovest del monte Cocuzzo, a 200 metri di altezza, insomma in posizione di sicura protezione dalle frequenti scorrerie saracene. È stato edificato attorno al 1195, accanto ad una già presente chiesetta basiliana, per volere dei monaci benedettini che lo tennero fino al 1200 anno in cui passò all’Ordine florense di Gioacchino da Fiore. Ma il monastero cominciò vera vita comunitaria solo dal 1201 quando l’Abate di Celico riuscì a dare all’edificio sacro le dimensioni di un vero monastero grazie al benefattore Simone de Mamistra, feudatario di casa sveva e della moglie Gattegrima. La primitiva chiesa aveva preso il nome dalla preesistente basiliana titolata a Santa Domenica e solo dal 1204 venne detta “Santa Maria di fonte laurato” Negli anni la comunità florenze di Fiumefreddo ottenne donazioni e lasciti e particolarmente i privilegi dell’imperatore svevo Federico II del 1221 e la donazione del monastero di Sant’Andrea di Cariati fatta nel 1238 da Basilio, arcivescovo di Rossano e già abate della Sambucina di Luzzi.
Nei secoli successivi l’abbazia di Fonte Laurato non ebbe sempre vita facile, combattuta come è stata da feudatari non proprio benefattori e dalle alterne vicende della storia fino al 1470 anno in cui cessò di vivere l’Ordine di Gioacchino e quindi mollata fino al definitivo abbandono del 1807 in seguito alla soppressione imposta dall’eversione napoleonica. La chiesa di Fonte Laurato, con la sua architettura monastica dei secc. XII_XIII e con riflessi d’ispirazione romanica, presenta il frontespizio con quattro arcate sostenute da tre pilastri in pietra tufacea. Numerosi sono stati, nel tempo, i rifacimenti apportati a chiesa e convento, ma lo stato originario resta gotico-normanno. Il gotico sta nel portale centrale, nelle finestre ed in un arco della navata centrale; il normanno, invece, lo si individua nel rosone posto sulla facciata interna della chiesa ed in altri due rosoni sull’abside centrale. L’atrio-porticato di pietra tufacea, di epoca successiva, risale al 1735, come si evince da una lapide qui posta, ed è composto da cinque colonne a pianta quadrangolare che reggono quattro archi a tutto sesto. Il frontespizio è ornato, su in alto, da un rosone dentellato e da una croce bizantina del XII sec. L’interno è ad unica navata con abside centrale, ai cui lati, all’altezza dell’altare maggiore, sono poste altre due absidi di cui una è adibita a cappella privata. A sud della chiesa vi è il chiostro con tre ali di fabbricati dove erano poste, al piano superiore, le celle dei monaci e dell’abate con soffitti in legno decorati da dipinti a fuoco, e al pianoterra i magazzini, due palmenti ed un frantoio. Sono numerose le opere d’arte conservate nell’abbazia: due acquasantiere in pietra verde scuro; un pulpito ligneo; un crocifisso in legno; un altare del ‘400 con tela raffigurante san Benedetto; l’altare dell’Assunta che custodisce l’omonima statua in cartapesta; la sedia lignea utilizzata da Gioacchino da Fiore; l’artistico altare maggiore voluto dalla marchesa Lucrezia della Valle feudataria di Fiumefreddo ed ultima discendente del valoroso capitano spagnolo Ernandez d’Halarzon, insignito del titolo di marchese della Valle da Carlo V. Termina qui l’itinerario attorno all’abbazia di Fonte Laurato, antico sacro sito che, scrive Franco Del Buono, “nella Valle Cent’Acque, in una cornice mirabile di verde, tra il gorgoglio delle fresche e purissime acque, leva al cielo i suoi secolari pregi artistici”. Un luogo tra i più belli che la bella terra di Calabria offre; un luogo, per dirla con le parole di G. Santagata, ricco “di un fascino attrattivo e misterioso”.