Rincuora. Fa sentire meglio, parte di un tutto altissimo che arriva diritto all’anima. E quando l’arte rappresenta il sacro, la materia si sublima trasformandosi in qualcosa che trascende il, il marmo o il bronzo. Un’emozione pervade il visitatore, credente e non, che si lascia assalire dalla forza del bello e del divino. Protagonista di questa riflessione è il Cristo di Cutro, Monumento nazionale (legge 1084 del 1939), il Cristo capace di spiegare a chi lo osserva come è possibile che un modesto artista di tre secoli orsono sia riuscito a realizzare, e non solo questa di Cutro, un’opera così alta e coinvolgente. Come entri in chiesa la grande scultura ti fa trattenere da subito il fiato perché domina la scena con la sua struggente bellezza. Il valore artistico è indiscusso. La sapienza costruttiva, l’armonia anatomica, il forte pathos che lo pervade ne fanno un capolavoro assoluto, oggetto di sconfinata ammirazione e di stimolo ad una lettura più profonda che libera suggestioni spirituali intense e stimolanti. Il Crocifisso di Cutro, l’artistica statua lignea è stata voluta, nella prima metà del XVII sec., dai Francescani cutresi P. Daniele e P. Benedetto i quali si erano conformati alle direttive del Concilio di Trento che, in piena Controriforma, voleva incrementare la devozione popolare e far scaturire, come sostiene R. La Mattina, “una fortissima carica psicologica ed una così travolgente passionalità tale da coinvolgere lo spettatore al drammatico tema” della Crocifissione. Quest’opera sacra, assieme all’Ecce Homo di Mesoraca dello stesso autore, può e deve essere considerata fiore all’occhiello del territorio crotonese e pertanto meritevole di essere inserita degnamente nella programmazione di un proficuo turismo religioso. Autore dell’opera cutrese è fra’ Umile (al secolo Giovanni Francesco) Pintorno nato a Petralia Soprana (PA) tra il 1600 e il 1601 e morto, 9 febbraio 1639, in odore di santità e che lo stesso Ordine dei Frati Minori al quale apparteneva lo annovera tra i Beati.
I vari convegni e corsi di studi che si sono tenuti a Bisignano e a Milazzo e soprattutto quello di Mojo Alcantara del 1985 hanno rivalutato e fatto conoscere al grande pubblico di fedeli e cultori d’arte la figura e le opere dello scultore siciliano e grazie anche a Rosolino La Mattina e Felice Dell’Utri che nel 1986 hanno pubblicato un corposo testo illustrato che costituisce un catalogo insostituibile di tutte le opere del Petralese attribuite come autentiche e quelle ancora da essere chiarite. Nella sua breve stagione terrena pare che Fra’ Umile abbia scolpito 33 statue tra Crocifissi ed Ecce Homo, ma in realtà dai recenti studi è emerso che il numero delle opere petralesi potrebbe essere molto più consistente. Le sculture sono sparse in Sicilia, un Crocifisso è presente a La Valletta di Malta e in Calabria abbiamo il Crocifisso di Cosenza bombardato durante il conflitto mondiale, l’Ecce Homo di Mesoraca, di Dipignano e quello di Rose ancora da attribuire definitivamente. E poi sempre in Calabria il Crocifisso di Bisignano (sul retro della croce reca incisa questa scritta:”1637 P.F. Gregorio a Bisin° Custod F.Humilis a Petralia refor. Sculp.”) che assieme a quello di Polla di Salerno( l’unico che reca data – 2 novembre 1636 – e firma dell’autore incisi sui glutei) ed il nostro costituiscono il trittico della piena maturità artistica, vista l’assoluta somiglianza fra i tre. Il Cristo di Cutro è uno dei più famosi e l’unico ad avere la perla sospesa sulla punta del naso a mo’ di lacrima caduta dall’occhio sinistro. La scultura non è facilmente databile e comunque il biografo P.G. Macaluso, gesuita, la inserisce tra il 1636 e il 1637 assieme a quelle di Bisignano e Polla, alle quali è accomunata da diversi particolari. Molti sono gli studiosi e cultori d’arte che si sono avvicendati nell’attento esame dell’opera cutrese e tra i tanti citiamo il critico d’arte Alfonso Frangipane, lo studioso ligure Giuseppe Isnardi che venne davanti al Cristo cutrese nel 1938 e la restauratrice Emanuela D’Abbraccio che così si è espressa. “Sono rimasta incantata e non pensavo di essere così attratta davanti ad un’opera d’arte di cui avevo sentito tanto parlare, che esprime un sentimento diverso da altre opere, soprattutto quando lavoravo sul volto mi sentivo attratta come una calamita, sentivo una sorta di timore quasi avessi paura di toccarla, mi sentivo trasportata e pian piano ho preso confidenza fino al punto di sentirmi come in estasi.”
Sicuramente il Petralese ha lasciato il segno artistico oltre che devozionale se lo si considera, come molti lo fanno, un caposcuola di quella corrente artistica siciliana seicentesca che si caratterizzò dell’elemento iconografico spagnolo finalizzato all’effetto drammatico e passionale e che ebbe come massimo esponente Gregorio Hernandez al quale molti studiosi fanno risalire l’arte di Frate Umile. Questi è considerato caposcuola perché molti furono i suoi discepoli e seguaci che hanno impreziosito le chiese italiane con i loro pregevoli Crocifissi. Uno di questi Crocifissi lo ritroviamo addirittura a Porretta Terme (BO) opera del suo maggior seguace e conterraneo: fra’ Innocenzo il quale completò il Crocifisso della chiesa di sant’Antonino di Palermo interrotto dalla del maestro. Tra gli altri e tanti seguaci del Petralese annoveriamo frate Andrea da Chiusa, fra’ Vincenzo da Bassiano. Anche in Calabria ha avuto seguaci: fra’ Diego da Careri autore del Crocifisso di Santa Maria degli Angeli di Badolato; fra’ Giovanni da Reggio Calabria col Cristo di Santa Maria degli Angeli di Vibo Valentia; infine frate Angelo da Pietrafitta autore del Crocifisso di san Francesco a Ripa di Roma, del Cristo di Mandria (TA) e il più famoso quello di Stigliano (MT). Le sculture di Fra’ Umile sono tutte a grandezza naturale e “per esprimere il massimo della sofferenza umana” (Sharo Gambino), usava delle tecniche speciali che comunque si rifacevano all’arte barocca e a quella passionale spagnola. Ai nostri giorni la scultura cutrese è sempre oggetto di studi, ricerche ed anche di elaborazioni di tesi di laurea in alcune università come quella della Calabria e Parma. Sono quattro secoli,ormai, che la chiesa cutrese dei Francescani riformati custodisce gelosamente la statua lignea e, per onorarne la presenza, nel 1772 venne consacrata al SS. Salvatore come si evince dalla lapide murata nel chiostro dell’annesso convento, grazie ai lavori di restauro che attorno al 1967 volle operare l’allora Superiore P. Modesto Calabretta da Serra San Bruno. Al postutto, mi piace proporre per l’ennesima volta l’attivazione delle procedure per la realizzazione di un gemellaggio tra Cutro e il luogo natio dell’umile scultore francescano, Petralia, centro montano delle Madonie palermitane.