L’idea di registrare le voci dei piloti e le attività degli strumenti di volo in un congegno che non andasse distrutto in caso di caduta del velivolo è arrivata dal chimico e inventore australiano David Warren (nella foto sotto), nei primi anni cinquanta a seguito dello schianto a Calcutta di un aereo di linea. Il dipartimento dell’aviazione civile australiana scartò però il progetto ritenendolo inutile. Nel 1958, quando un funzionario britannico vide il dispositivo e si rese conto della sua utilità, vennero messi a disposizione di Warren i mezzi per la sua produzione a livello industriale.
LA SCATOLA NERA IN REALTA’ E’ ARANCIONE – Le cosiddette “scatole nere” sono di colore giallo o arancione con bande catarifrangenti per poter essere facilmente rintracciate e identificate in caso di incidente. Questi apparati sono generalmente progettati per resistere alle condizioni che si possono creare in un incidente grave, preservando le registrazioni. Sono alloggiate nel posto ritenuto più sicuro: la coda dell’aereo. Ogni scatola nera è lunga 80 cm e larga 25 e costa dai 30 ai 150.000 mila euro e sono dotate di uno strumento che emette un segnale radio per facilitarne il ritrovamento. Sugli aeromobili esistono solitamente due tipi di registratori dei dati di volo utili per le indagini dopo un incidente: il flight data recorder (FDR), che registra i dati provenienti da vari sensori e il cockpit voice recorder (CVR), che registra i suoni percepiti da microfoni posti nella cabina di pilotaggio.
E SE L’AEREO FINISCE IN MARE? – Per il recupero in mare le scatole nere sono equipaggiate di apposito radiofaro (underwater locator beacon) che tramite batteria interna emette segnali ad ultrasuoni fino a 30 giorni; inoltre possono operare immerse fino a 6000 m di profondità.