Riferendosi alla terra di Cerenzia, nella sua “Della Calabria Illustrata” P.Giovanni Fiore scriveva: “L’anno 1582 n’era Signore Pompeo Cavalcante da Cosenza. Oggidì n’è Padrone D. Vincenzo Rota, con titolo di Barone. Altre volte godè la giurisdizione di due villaggi per detto di Marafioti, ma oggidì ne sono smembrati, dei quali l’uno egli è Belvedere. L’altro di quello di là nel mare di ponente, col titolo di Principe [è evidente che si tratti di Belvedere Marittimo della provincia di Cosenza ]. Gode di medesimi doni di natura che Cerenzia. Primo a smembrarlo fu la famiglia Lucifero Crotonese, onde l’anno 1535 n’era Signore Marco Antonio, quegli a cui Iano Teseo Casopero scrisse alcune composizioni poetiche. Indi Mario della medesima Famiglia, l’anno 1582. Oggi va unito con Cerenzia della Famiglia Rota col titolo di Barone. L’altro, già villaggio di Cerenzia, oggi da per se solo egli è Spinello. Di cui altro non occorre di particolare, se non che smembrato dalla sua Città e passato in dominio di altri. Al presente si possiede da Bernardo Sculco con titolo di Barone”.
Si tratta di Belvedere Spinello (mt 331 s.l.m.) a nordovest del capoluogo Crotone, detto nel passato Belvedere di Levante o di Terra di Giordania. Si trattava di un territorio distinto i due parti: Belvedere per la particolare posizione del suo castello e Spinello per l’omonimo Castello. A parte quanto riferito da Padre Fiore, incerte sono le origini della tappa del nostro itinerario di turismo religioso. Comunque si hanno notizie dell’esistenza fin dall’epoca dei Vespri Siciliani, quando nel 1282 Carlo d’Angiò ne investiva Giovanni Monfort per ricompensarlo delle terre perdute in Sicilia. Dal 1400 al 1573 è terra infeudata agli Asan Paleologo, parenti dell’imperatore di Costantinopoli, che lo popolarono con gente proveniente da altre terre. Quindi passò a Galeotto Garafa che lo vendette a Marc’Antonio Lucifero e dal 1602 ad un tal Barbaro di Pedace che nel 1613, restandovi fino al 1785, lo passò ai suoi compaesani Giansiro e Vittorino Rota. E poi sarà terra dei Giannuzzi-Savelli. Questo centro collinare è sede del Santuario della Maria SS della Pietà detto anche della Scala che ha molti secoli di vita ed è stato edificato con la nicchia di un tronco di gelso sul quale la tradizione vuole che la Vergine sia apparsa a contadini intenti al lavoro nei campi. La forma dell’edificio è a croce latina con la facciata rivolta ad occidente, dove si innalza gigantesca e maestosa una rupe che, estendendosi come anfiteatro, diventa una sorta di arco protettivo per tutta l’area sacra.
All’interno della chiesa vi è l’immagine litica della Madonna col Bambino sul braccio destro: si tratta della sacra e miracolosa scultura che resta fissa nella chiesa, mentre per le circostanze processionali viene utilizzata una bellissima copia che nell’Anno Mariano del 1954 è stata portata per la “Peregrinatio Mariae” nei centri dell’allora Arcidiocesi di Santa Severina; all’esterno, sul piazzale si aprono quattro edicole di culto e un po’ più a settentrione troviamo un Romitorio del sec. XV ed annoverato tra gli eremitaggi della Diocesi di Cariati dell’epoca. E poi, la cosa suggestiva per il pellegrino, il cultore o il turista, che qui vi viene per festeggiare il lunedì di Pasquetta o la festività della Madonna Assunta in cielo per il 15 agosto, è tutto ciò che vi è attorno: un bel parco naturale di pini, ulivi e querce secolari. Ed ancora, Belvedere Spinello è terra che potrebbe essere sede non solo di un parco culturale – spirituale attorno a Santa Maria della Scala, ma anche di un parco archeologico nei pressi del monte Castello con annesso museo civico e tanto perché questa area è stata teatro di scavi e rinvenimenti archeologici operati, nei primi anni Ottanta, dall’archeologo crotonese Domenico Marino. Questi ha individuato, ai piedi della rupe, un doppio allineamento di buche di palo quadrangolari appartenenti ad una fortificazione lignea. Inoltre sulle pareti del monte sono state rilevate un bel numero di laure bizantine risalenti al IX- X secolo. Una di queste, scrive Francesco Cosco in “Civiltà rupestri e siti monastici nel Marchesato di Crotone”: “si compone di una grotta scavata nella calcarenite, piuttosto compatta, e di una piccola cappella oratoria, di tipo sepolcrale, in muratura, annessa all’esterno, bastevole per gli esercizi spirituali di pochi anacoreti. […] Sulla grotta, in periodo recenziore, (verosimilmente nel XVIII secolo) è stata costruita una minuscola torre di avvistamento che domina la vallata sottostante”. Ed ancora, sono presenti, presso la Timpa del Salto, tracce di alcuni affreschi conservati tra i ruderi di una chiesa bizantina, curata poi dai Normanni.