“Tra gli alberi in fiore, anche il sambuco a maggio adornava i suoi rami di minuscoli odorosi fiorellini bianchi, raggruppati a formare un elegante ombrello che pareva di trine all’uncinetto. Esso veniva quasi saccheggiato dalla gente perchè la tradizione del mese prescriveva di preparare in casa “i pitticeddi ccu ru maju”, che avevano un sapore e un profumo particolare. Si raccoglievano i fiori a mazzetto e si lasciavano, avvolti in una salvietta di cotone, sotto un angolo del materasso “ppe ammusciari” la loro freschezza, esaltandone il profumo. Poi i fiorellini quasi secchi si sbriciolavano e si mescolavano alla pasta lievitata che veniva insaporita con un filo d’olio o “ccu na frittula” tagliata a pezzettini o “risimuglie”. Le pizzette si infornavano “nti lannji” oppure si ponevano direttamente sui mattoni del forno”. Tratto dal libro “L’identità della memoria – Cirò Marina ‘a ri tempi’ e na vota” del prof. Giuseppe Ferrari.
La ‘pitta ccu maju’ non è soltanto una cosa buona da mangiare ma racchiude anche le nostre radici e le nostre tradizioni facendo affiorare qualche inevitabile e nostalgico riferimento alla vita famigliare della nostra infanzia quando in molte case arrivava il momento fatidico della preparazione delle ‘pitte’ in quanto esse non si acquistano nei negozi ma si fanno rigorosamente in casa e non soltanto per sè ma facendole assaggiare ad amici, parenti o vicini di casa in una girandola di condivisione all’uso antico. Anche i fiori di ‘majo’ non si vendono da nessuna parte ma bisogna procurarseli andando in giro a caccia di alberi di sambuco, di cui il nostro territorio è fortunatamente ancora generoso e si acchiappa un po’ dovunque, oppure si chiedono agli amici che hanno qualche albero nel proprio giardino e che, generosamente, non li negano.
Curiosità: il ‘Cumparaggio’
Legata al mese di maggio ed al fiore di ‘majo’ vi era, anticamente, nel nostro territorio cirotano una caratteristica usanza: il ‘cumparaggio’, che rafforzava l’amicizia dei ragazzi sin dall’infanzia. “Cresceva nei campi la pianta selvatica della menta puleggio, colma di eleganti fiorellini di color violetto intenso. Era chiamata ‘Pilè’, emanava un intenso profumo ed aveva il sapore della menta forte. Se ne raccoglievano dei rametti per intrecciare una croce. Dopo iniziava il rito del giuramento tra i ragazzi e anche tra le fanciulle. Ponendosi uno di fronte all’altro, con la croce tra le mani, si pronunciava la formula: <Cumparu cumparu (o cummara), cchi bbò? picia o maju?>. <Picia!>. <Fatti nu cuntu ca simi nimici!> <Cumparu e cumparu (o cummara), cchi bbò? picia o maju?>.<Maju!>.<Fatti nu cuntu ca simi cumpari! Quannu teni na cosa tu, a duni ‘a mmja; quann’a tegni je, a dugnu ‘a ttja>. Si mangiava allora un pizzico di fiorellini, baciando la croce sulle estremità e al centro. Questi comparaggi fatti per gioco duravano un’intera vita”. Tratto dal libro “L’identità della memoria – Cirò Marina ‘a ri tempi’ e na vota” del prof. Giuseppe Ferrari.
Ricetta e preparazione
Per due teglie di media grandezza, come in foto, impastare circa 1 kg di farina di grano duro con acqua e un cubetto di Lievito di Birra da 25g e lasciare lievitare per almeno un’ora. Aggiungere i fiori di ‘majo’, un uovo, un filo d’olio, il sale ed i pezzettini di grasso di maiale detti ‘risimuglie’ (facoltativo). Ungere la teglia, versare il composto e cuocere in forno a 180 gradi per 40 minuti circa.
Rispondiamo alle domande dei gentili lettori Pino Martucci e Cataldo Antonio Amoruso.
Per quanto riguarda il quantitativo di fiori di “majo” per un kg di farina, orientativamente, occorrono sei o sette cucchiai colmi di fiorellini secchi e sbriciolati, a seconda che si preferisca un gusto più o meno intenso di “majo”. Per quanto concerne la rubrica di cucina tipica con articoli, foto e ricette ci stiamo già lavorando e la “sauza” è la prima in preparazione. Grazie per la vostra cortese attenzione.
A me una volta avevano detto che si metteva l’olio aromatizzato con i fiori di sambuco. E’ vero? e la stessa cosa?
E’ possibile conservare i fiorellini essiccati e sbriciolati in barattolo con olio d’oliva in modo da avere la provvista per tutto l’anno per cui la pitta si può preparare sia con i fiori raccolti ed essiccati e sia con quelli conservati in olio di oliva.