Leggo del dibattito – o forse dovrei dire ‘discussione’, ‘diatriba’ – sull’esistenza di isole al largo di quella che vorrei chiamare ‘Riviera di Filottete’, ma col sorriso, senza voler diventare eroe eponimo o ecista di un qualsiasi luogo. Mi basterebbe fare chiarezza a me stesso e ai lettori che assistono a tanti svolazzi di opinioni su queste isole, premettendo che noto con piacere quanto la materia più strettamente ‘patria’ possa ancora attrarre l’interesse di coloro che semplicemente sentono e vivono l’appartenenza ai luoghi di cui si va parlando e, corre l’obbligo di dirlo, favoleggiando. Dai vari interventi deduco con amarezza che si parla di una storia che molti si vantano di conoscere – cosa che non metto in dubbio – ma che quella stessa storia viene propalata mandando sottaciuti taluni aspetti non secondari: un po’ come fanno gli esperti fungaioli che mostrano le proprie prede, guardandosi bene dal rivelare i luoghi segreti dai quali ‘attingono’… Questo non va bene, quando si parla di divulgazione della cultura, delle conoscenze, delle nuove acquisizioni, magari raggiunte con dedizione ed impegno notevoli: ha poco senso una cultura ad uso e consumo personale, e comunque, perdendo in nobiltà, questo tipo di divulgazione risulta carente di quella funzione basilare che informa la ricerca: l’offerta del proprio impegno verso la società. Sarò anche un idealista fuori tempo massimo, ma credo sia così. E ora andiamo per ordine. Tra le glorie locali, ma non solo, di Cirò sarebbe ora di dare degna rilevanza a tale Giovan Francesco Pugliese, che Paolo Orsi, con giudizio ben sopra le righe, definisce ‘oscuro cronista locale’, sbagliandone anche il cognome (Pugliesi), salvo poi tener conto, nelle felici ricerche che lo portarono a rinvenire il tempio di Apollo Aleo, di quelle stesse parole giudicate ridondanti e paragonabili a fanfaluche. Ovviamente l’Orsi scelse un brano tra i meno felici dell’opera del Pugliese… Nella storia di Cirò non si parla di isole, ma si parla diffusamente della presenza del mito e di eroi mitologici, nonché dell’etimologia del Capo Alice o Lice (o Promontorio, o Punta): “Io ritengo questa dizione (Capo Lice) perché la derivo da Licinio, talché anche vien detto Licinio il Capo; quantunque derivandolo da Aleo, o da Alcinoo sposo di Aretha, che si diceva seppellita alle rive del torrente Lipuda, si dice anche Alecio, Alecino, o dell’Alice”.
Credo che quanto appena fatto rilevare possa fugare ogni dubbio sulla confusione tra il Capo Lacinio (delle Colonne) e l’attuale Punta Alice, che furono a lungo indicate con la stessa denominazione (vedere carte antiche). La suddetta confusione veniva accentuata dalla presenza, anche nelle adiacenze di Punta Alice, di un tempio dedicato a Giunone, proprio come quello, arcinoto, esistente a Capo Colonna: “Venuta perciò a novella esistenza la città, nuovo nome assunse, e da Chrimissa si battezzò Paterno, perché convertita dal padre, o principe degli apostoli. E siccome si venerava la Giunone Lycina, o Lucina presidente, come credevasi ai matrimoni solenni, ed a’ parti, onde pronuba anche dicevasi, ed a lei il tempio maggiore era sacrato’’… Per quel che concerne Paterno devo dire, ad onor del vero, che i pareri sono molto discordanti. Per quanto riguarda il misconosciuto e saccheggiatissimo ‘oscuro cronista’ credo possa bastare, salvo aggiungere che il Pugliese citava correttamente e costantemente le proprie fonti, e con grande padronanza e perizia, a differenza di quanti alla di lui opera hanno attinto, guardandosi bene dal citarla – non paga! – ma sfoggiando nomi ben più altisonanti – i Plinio, Tucidide, Strabone – che probabilmente hanno letto in quella medesima ‘Descrizione dell’origine di Cirò’… capisci a me! Riassumendo: non desti meraviglia la sovrapposizione tra Punta Alice e Capo Lacinio; serve anche ad acclarare, sebbene come prova ‘di rincalzo’, lo pseudonimo assunto da Giano Lacinio, e a capire come mai nelle carte antiche, e nella loro descrizione, le isole di cui mi accingo a parlare nella seconda parte, possano risultare ‘mobili’, apparendo ora nel mare di Punta Alice ora in quello di Crotone…
Cataldo Antonio Amoruso