E’ stata una esperienza esaltante quella che hanno vissuto, il 23 ottobre scorso, centinaia di migliaia di fedeli, ed io con loro, provenienti da ogni parte del mondo, stipati in Piazza San Pietro, per vedere ed ascoltare Papa Francesco. Già di buon mattino tantissimi pellegrini, di razze e provenienze diverse, hanno iniziato ad affollare la piazza più famosa del mondo: giovani e bambini, accompagnati dai loro genitori, scolaresche guidate dai loro insegnanti, associazioni condotte dai loro responsabili, parrocchie seguite dai loro parroci, facevano a gara per arrivare il più vicino possibile alle transenne di sicurezza. Papa Francesco dopo le dieci è sceso tra la folla plaudente per salutare, col sorriso accattivante che lo ha sempre distinto, i fedeli che lo invocavano a gran voce. Al termine del giro ha iniziato il passo del Vangelo in tutte le lingue europee.
Poi, durante l’udienza generale, ha usato un’espressione forte, per ribadire un concetto che gli sta particolarmente a cuore: «Una Chiesa che non porta Gesù è una Chiesa morta»,«La Chiesa non è un negozio» e neppure «un’agenzia umanitaria», tanto meno «una O.N.G.». «Essa, molto più semplicemente, è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo». Questa è la Chiesa, ha ripetuto, e «non porta se stessa, se piccola, se grande, se forte, se debole», ma «porta Gesù». E ha un modello da seguire: Maria, quella «ragazza ebrea che aspettava con tutto il cuore, la redenzione del suo popolo». Maria ha portato con sé Gesù, quando ancora era nel suo grembo «a visitare Elisabetta». Non le ha portato solo un aiuto materiale, ha portato molto di più: «la carità di Gesù, l’amore di Gesù». Il Papa, poi, ha rivolto a tutti i presenti una domanda: «Qual è l’amore che portiamo agli altri?». E ancora «L’amore di Gesù, che condivide, che perdona, che accompagna o è un amore annacquato così come si fa con il vino che sembra acqua»? E proseguendo a braccio ha avviato un dialogo con i fedeli: «Come sono, ha chiesto, i rapporti nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità? Ci trattiamo da fratelli e sorelle? O ci giudichiamo, parliamo male gli uni degli altri, curiamo ciascuno il proprio «orticello», o ci curiamo l’un l’altro?». Ha concluso affermando che queste sono domande di carità.