“A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo“. È questo l’accorato monito lanciato, nei giorni scorsi, da papa Francesco, durante il suo discorso nel centro Astalli, gestito dai Gesuiti per ospitare i migranti. “I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi”. Insomma “i conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati”. Perché “il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio la accoglienza nei conventi vuoti”. Bene! Più chiaro di così non poteva essere il sempre più prorompente Papa Bergoglio. Perché non ascoltare il monito di Francesco anche per quanto attiene ai conventi chiusi o quasi, per mancanza di vocazioni nella nostra regione. In Calabria, per il solo Ordine dei Francescani Minori, abbiamo tanti conventi che possono ospitare tranquillamente le migliaia di migranti, gli ultimi del mondo, anche i cosiddetti “dublinanti”che non possono essere più ospitati dai Centri accoglienza perché già dotati di documenti di soggiorno. Ci sono conventi quasi vuoti e altri abbandonati che, riadattati, farebbero comodo. Perché, con i prossimi rigori invernali, è certamente meglio un tetto sopra la testa che una capanna di cartone! I conventi francescani che potrebbero dare la loro disponibilità all’accoglienza sono dislocati in tutta la regione: per la provincia di Cosenza abbiamo il capoluogo, San Marco Argentano, Bisignano, Dipingano, Cerisano e Pietrafitta; nel territorio di Catanzaro oltre al capoluogo ci sono Lamezia e Badolato; per il Crotonese abbiamo il convento dell’Ecce Homo di Mesoraca, la comunità monastica del SS. Crocifisso a Cutro e quella della Santa Spina a Petilia Policastro ed infine Reggio Calabria e Tropea. Ma ce ne sono anche altri, pochi, di altri Ordini religiosi. Ma solo gli Ordini monastici devono rispondere al monito di Francesco? Certamente no!
Per rispondere all’insegnamento del Vangelo che vuole, fortissimamente vuole, una Chiesa povera e accogliente anche la Chiesa secolare può e deve rispondere con i suoi innumerevoli vecchi seminari e strutture similari ormai abbandonati o riadattati ad altri usi. Se guardiamo attorno c’è tanto. Tante strutture anche già pronte e munite di ogni comodità. Ed è tanta la gente, anche devota e cattolica praticante, che passa da quelle parti ed auspica una diversa sistemazione e destinazione. Ed ha ragione. Ecco, alloggi da poter, con tutti gli accorgimenti possibili e dovuti, destinare alle centinaia e centinaia di poveri derelitti che vivono, meglio, sopravvivono accampati, giorno e notte, soprattutto a Crotone nei giardinetti di Viale Regina Margherita ai piedi del Castello di Carlo V a pochi passi dal centro nevralgico della città. E decine e decine si accampano nei locali della stazione ferroviaria o in qualche palazzo antico abbandonato. Vergogna! E meno male che ci sono i volontari della Cattedrale e della parrocchia di Santa Rita che provvedono ad un pasto caldo. Ma non basta! Ed è prossimo l’inverno! Per fortuna qualcuno ha prestato attenzione all’accorato monito di papa Francesco. È il caso del sindaco di Umbriatico, piccolo centro e già antica sede vescovile dell’Alto crotonese. È notizia di queste ore seconda la quale Pasquale Abenante, primo cittadino, intende aprire le porte del suo Comune ai migranti, offrendo, previo accordo con la Curia vescovile di Crotone – Santa Severina che ne è proprietaria e gestore, alcune strutture ecclesiastiche presenti nel suo territorio. Nella vicina frazione di Perticaro si trova, infatti, il vecchio seminario e poi residenza estiva dei vescovi denominata “Oasi di San Giuseppe”. La struttura, operativa soprattutto nei mesi estivi, dispone di 44 posti letto ed ampi spazi interni ed esterni. Ed ancora. Nella stessa frazione di Perticaro insiste la “Casa di spiritualità Santa Domenica” gestita dalla parrocchia di San Paolo di Crotone e qui vi sono ben 40 posti letto disponibili e dotata di tutti i conforts. Insomma non ci sembra tanto ma neanche poco. Naturalmente, il sindaco Abenante, come chiunque altro amministratore o cittadino, pensa ad una gestione dell’accoglienza che non infici la tranquillità della sua comunità. Basta saper progettare e mettere in pratica la teologia della carità.