“Eccellenze Reverendissime – scrive Fabio Pugliese in una lettera aperta ai Vescovi delle diocesi attraversate dalla “Strada della morte” – ho deciso di scrivere questa lettera aperta incoraggiato da una riflessione di Papa Francesco Primo letta nell’omelia alla solennità di San Raimondo Nonnato (Buenos Aires, 31 agosto 2005): “Chi sono io per prendermi cura degli altri? Questa affermazione, vi ricordate, chi l’ha fatta per primo? Caino. «Sono forse io colui che deve nutrire suo fratello?» Questa affermazione criminale, questa frase di morte è un peccato che viene dall’infanzia delle persone che crescono in un modo di pensare egoistico inculcato in loro, sono uomini e donne educati in questo modo”. In questa riflessione, infatti, credo ci sia la denuncia viva e chiara all’elemento che determina moltissimi dei mali che oggi viviamo: l’egoismo. È trascorso qualche giorno dall’ingiusta e dolorosa perdita di Matteo Battaglia, un bambino di 12 anni che ha smesso di vivere sulla strada Statale 106 Ionica calabrese ed ho ritenuto che i tempi fossero opportuni per scrivervi questa mia lettera. Matteo si è unito a Leonardo, un altro bambino di 12 anni vittima della “strada della morte” il 19 luglio scorso a Villapiana. Entrambi, seppur giovanissimi erano tutt’altro che egoisti: Leonardo era noto nella chiesa di San Pietro, a Marchirolo, in provincia di Varese, per il suo servizio da chierichetto mentre Matteo, a Sellia Marina, nella tragica mattina in cui è venuto a mancare era nel negozio di famiglia. Aveva deciso di rinunciare ad un giorno di mare per fare qualche sacrificio in più e regalare un sorriso ai suoi familiari offrendo il suo aiuto alla mamma ed ai nonni nel loro negozio. Sempre nell’omelia alla solennità di San Raimondo Nonnato, il Pontefice ebbe a dire che: “La cultura della morte non è interessata alla vita, ma all’egoismo”. Per questa ragione sono fortemente convinto che noi cattolici e, soprattutto, le donne egli uomini di Chiesa, dobbiamo essere legati da una storia d’amore. Ognuno di noi può e deve sentirsi un anello di una catena d’amore, d’altruismo e di impegno per il prossimo che può renderci parte integrante di un camminino verso Dio che è fatto da noi, da chi siamo, da come siamo e da ciò che per noi è necessario. È necessario difendere la vita. La nostra vita a tutti i costi. Nel dire ciò intendo riportare un’altra riflessione di Papa Francesco Primo nell’omelia alla solennità di San Raimondo Nonnato: “Non possiamo annunciare altro che la vita, dal principio alla fine. Tutti noi dobbiamo curare la vita, amare la vita, con tenerezza e calore”. Occorre, quindi, difendere, amare e curare la vita anche da una strada che dal 2001 al 2010 ha registrato 283 vittime, nel 2011 ne ha provocate 28 e nel corrente anno, ad oggi, già se ne contano ben 20. Credo sia giunto il momento che l’impegno cattolico in favore di un ammodernamento della strada Statale 106 Ionica calabrese torni ad essere centrale nella vita di ogni cattolico, di ogni donna e di ogni uomo di Chiesa in Calabria.
È importante che ciò accada: tra la gente, nelle strade e, soprattutto, nelle chiese. Perché se è vero che l’egoismo appartiene alla cultura della morte allora è altrettanto vero che non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri. Non possiamo ignorare il dolore di una madre e di un padre che perdono un figlio sulla “strada della morte”. Non possiamo ignorare le lacrime di una figlia o di un figlio che perde il proprio genitore sulla S.S. 106. Non possiamo ignorare il profondo sconforto degli amici ed i parenti delle tante vittime della “strada della morte”. Non possiamo ignorare gli altri quando gli altri sono loro. Sono certo che tra le righe di questa mia lettera, avrete modo di percepire il cuore gonfio di dolore di un giovane ragazzo calabrese che vi chiede con forza di esercitare un ruolo che non è politico ma è straordinariamente fondamentale e, mai come oggi, dovuto in una terra, la Calabria, dove le difficoltà, ne sono consapevole, non mancano. Non sono pochi gli uomini che hanno isolato la loro coscienza dal cammino di Dio e che ormai non conoscono l’allegria dello Spirito Santo che sostiene la speranza. Non sono pochi gli uomini e le donne, nella nostra Calabria, che vivono con egoismo la loro vita, il loro lavoro, la loro missione. Alcuni di loro sono gli stessi che possono e debbono ricercare nel proprio ruolo la forza, il coraggio e le soluzioni necessarie affinché la “strada della morte” possa diventare la strada della vita. Serve, tuttavia, un popolo non più cieco, rassegnato, affranto e sempre più “abituato” alla cultura dell’egoismo. Serve un popolo che, invece, deve rinascere – c’è ancora il tempo – nella cultura dell’amore per il creato, che possa guardare a questa nostra terra con occhi teneri ed amorevoli, che possa aprire l’orizzonte alla speranza rendendosi parte di un percorso che deve aprire uno squarcio di luce in mezzo ai tanti cuori freddi dall’indifferenza. Confido nell’amore. Nell’amore verso il prossimo. Nell’amore di Dio che certamente illuminerà il Vostro Ministero affinché la vita e l’amore possa prevalere sull’egoismo e la morte. Sono certo che non Vi sottrarrete al Vostro ruolo e con l’aiuto dello Spirito Santo riuscirete a portare calore e speranza alle donne ed agli uomini di questa nostra terra”. La lettera è stata inviata a S.E. Rev.ma Mons. Nunzio Galantino, Vescovo della diocesi di Cassano allo Jonio; S.E. Rev.ma Mons. Santo Marcianò, Vescovo della diocesi di Rossano – Cariati; S.E. Rev.ma Mons. Domenico Graziani, Vescovo della diocesi di Crotone – Santa Serverina; S.E. Rev.ma Mons. Vincenzo Bertolone, Vescovo della diocesi di Catanzaro – Squillace; S.E. Rev.ma Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, Vescovo della diocesi di Locri e di Rggio Calabria – Bova.