La dr.ssa Evelina Provenza, biologa e responsabile della campagna di balneazione per la provincia di Cosenza dell’Arpacal, nel corso di un convegno organizzato dalla locale sezione Unesco di Trebisacce, ha relazionato su “La biodiversità nel banco di Amendolara”. “Il Banco di Amendolara – ha illustrato la dr.ssa Provenza – è una sea-maunt presente nell’alto Ionio cosentino, precisamente a circa 10 miglia dalla costa di Amendolara e 11 a Nord-Est da Trebisacce. Più comunemente detta secca di Amendolara, il Banco è completamente sommerso ed è ancora quasi interamente da esplorare. Si erge da una profondità di circa cento metri con una base di oltre trenta metri quadrati e si sviluppa con un andamento irregolare essendo costituito da una serie di avvallamenti e picchi. Alcuni dei quali arrivano ad una profondità di diciannove-venti metri. La secca è conosciuta da sempre non solo per la sua particolare pescosità ma per l’alone di mistero che la circonda, riconducibile alla sua origine. Si pensa, infatti, che possa corrispondere all’isola di Ogigia di Omerica memoria, ciò potrebbe essere confermato dal fatto che nella valle del Caldanello, a Cerchiara di Calabria, è localizzato l’antro delle Ninfe Lusiadi talamo di Calipso”. “Il Banco per le sue caratteristiche trofiche, idrodinamiche e geomorfologiche – ha proseguito nella sua illustrazione la dr.ssa Provenza – rappresenta un importante esempio di conservazione della biodiversità dell’ambiente marino, capace di ospitare organismi con caratteristiche eco-fisiologiche diversissime.
Per biodiversità si intende l’abbondanza e la variabilità di organismi animali e vegetali che popolano un determinato habitat condividendone le risorse. La biodiversità rappresenta un indicatore dello stato ecologico di un ecosistema e ci fornisce elementi sulla sua funzionalità. Nel caso del Banco di Amendolara ci ritroviamo sicuramente nel regno degli organismi bentonici. La componente vegetale del benthos è limitata alla sola zona eufotica. Questa, nel nostro mare, può arrivare anche fino a trentacinque e d’estate, a mezzogiorno, anche a quaranta metri di profondità”. “All’interno di questa fascia, comunque – ha aggiunto la biologa dell’Arpacal – riconosciamo vari strati a partire da quello superficiale fortemente illuminato, regno delle alghe verdi. Uno strato più profondo ma ancora illuminato definito “zona delle alghe brune” e infine una zona d’ombra dove la luce comincia a scarseggiare la “zona delle alghe rosse”. La componente animale, vera ricchezza del banco, ha colonizzato completamente e quasi uniformemente tutta la secca non essendo questi organismi limitati nella loro distribuzione dalla presenza della luce. Dall’osservazione sul campo, in attività di “visual census”, si è rilevato la presenza di tutti i phylum degli invertebrati marini ognuno dei quali rappresentato da più specie con un numero ridotto di individui: Poriferi, Celenterati, Anellidi, Molluschi, Echinodermi Crostacei, Briozoi, Echinodermi e Cordati (Tunicati). Fra i vertebrati Osteitti e Condroitti. Oltre a questi dobbiamo sottolineare tutte le specie di pelagici che si avvicinano al banco per nutrirsi, trovare riparo o riprodursi”. “Appare chiaro – ha concluso il suo intervento la dr.ssa Provenza – come la conservazione e la tutela di un’aria di tale rilevanza biologica ed ecologica debba rappresentare una priorità. E’ urgente, a tal fine, effettuare un inventario delle specie presenti”.