Grande e raffinato agiografo ed insigne innografo, profuse tutte le sue energie per il dialogo tra la Chiesa greca e quella latina. Bartolomeo, al secolo Basilio, è nato attorno al 1050 a Simeri Crichi, centro collinare sul versante ionico della provincia catanzarese, da famiglia bene agiata e ciò non gli precluse la strada verso l’eremitismo. Così appena giovane, portatosi in quel di Mileto, si unì in compagnia all’eremita Cirillo che già viveva da quelle parti e che impose al nostro Bartolomeo, da subito, il saio monacale. Alcuni anni dopo, il monaco di Simeri si portò nella terra di Rossano, terra già ricca di eremiti, asceti e monaci basiliani e qui si fermò per qualche tempo sulla montagna di Sant’Angelo Militino fino ad inoltrarsi nel cuore della montagna silana, sul monte Erigono nei pressi del lago Ampollino. Bruno Sodaro in “Santi e Beati di Calabria” scrive che: “un giorno alcuni cacciatori che andavano in cerca di selvaggina, giunsero presso la grotta del Santo e restarono sorpresi, vedendo l’eremita in un luogo inaccessibile e tanto selvaggio. Al ritorno nei loro paesi diffusero la notizia e numerosi discepoli vi accorsero, desiderosi di conoscerlo, per curiosità o per esigenza spirituale. Con questi intraprese una vita cenobitica, dando inizio ad un nuovo monastero. Comprese che la vita mistica, contemplativa e attiva nello stesso tempo, era l’ideale per lui, superiore perciò e da preferire alla vita prettamente eremitica – contemplativa”. Insomma se ne tornò a Rossano insieme a quei compagni. Qui con l’aiuto della reggente Adelaide, moglie di Ruggero il Normanno, e di un tal ammiraglio Cristodulo, un arabo convertito al Cristianesimo, Bartolomeo riuscì ad edificare (dal 1101 al 1105) il nuovo monastero detto di Santa Maria Odigitria che poi prese la denominazione di Santa Maria del Patirion.
È stato un monastero, questo di Rossano, tra i più importanti della regione, considerato Archimandrita ed arricchito di donazioni del Conte Ruggero. Qualche anno dopo lo stesso pontefice Pasquale II volle assoggettare il Patirion alla Santa Sede e quindi indirizzarlo al rito latino. E Bartolomeo non si è fermato, però, a Rossano; e già, perché qualche tempo dopo andò a fondare un monastero nella terra di Sinopoli, nel bel mezzo dell’Aspromonte, detto poi di san Bartolomeo di Trigonio. Ma le opere di Bartolomeo, purtroppo non hanno un felice esito, perché preso, come è stato, dalla gelosia dei Benedettini di Mileto che lo accusarono di eresia presso Ruggero. Questi, non considerando che l’accusa benedettina era frutto di gelosia, condannò il nostro buon Bartolomeo al rogo. Ma prima di essere arso su un’ardente pira, il monaco di Simeri chiese ed ottenne che celebrasse, per un’ultima volta, la Messa: al momento solenne della Consacrazione verso il cielo si è alzata una colonna di fuoco che il Normanno ed i suoi cortigiani ritennero essere un miracolo. Subito Bartolomeo non è stato soltanto scagionato e riabilitato ma ebbe anche l’incarico di fondare un altro monastero. Così sorse il famoso monastero archimandritale del SS. Salvatore di Messina che fu completato nella sua costruzione nel 1132, già due anni dopo da che il Santo di Simeri era morto (19 agosto 1130 al Patirion di Rossano). Orbene, per secoli la sua terra patria non solo non lo dimenticò ma lo tenne sempre in adorazione e meritevole di attenzione anche culturale. Così il prossimo giovedì 20 giugno, presso l’antica e suggestiva chiesa Collegiata di Simeri Crichi, il Santo verrà ricordato con un qualificato convegno dal tema “Valorizzazione della figura di San Bartolomeo da Simeri” con una relazione di Mons. Francesco Milito, Vescovo della Diocesi di Oppido – Palmi e docente emerito di Storia della Chiesa presso il Seminario san Pio X di Catanzaro.