A partire da sabato 20 aprile 2013, il MACA (Museo Arte Contemporanea Acri) ospita un’importante mostra personale del pittore Pino Chimenti (Spezzano Albanese, 1952), che rientra nell’ambito del progetto Bancartis, promosso da BCC Mediocrati, attraverso cui, annualmente, l’istituzione bancaria e il museo alle porte della Sila collaborano per promuovere la cultura e l’arte sul territorio, presentando alla Calabria i grandi artisti che in essa hanno trovato le origini. Pino Chimenti è reduce dalla partecipazione al Padiglione Italiano della Biennale di Venezia del 2011, segnalato al curatore Vittorio Sgarbi dal noto critico d’arte Gillo Dorfles, che, nel 1985, lo aveva già selezionato per apparire tra gli artisti scelti dalla critica nel prestigioso Catalogo dell’Arte Italiana edito da Mondadori. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Urbino, sotto la guida del pittore Concetto Pozzati, Chimenti partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
A partire dalla seconda metà degli anni ’70, dopo un breve periodo di ricerca concettuale, la sua pittura acquista maggiore libertà compositiva, avvicinandosi alla personalissima figurazione astratto-fantastica che contraddistingue ancora oggi il suo lavoro, mai incline a seguire mode e correnti e caratterizzato da un’inconfondibile atmosfera fiabesca pervasa da una sottile ironia. «Ormai da diversi anni – ha scritto Dorfles dell’artista – prosegue nell’invenzione costante di piccoli miti personali, di strane leggende, nelle quali dei personaggi – tra il surreale e il ludico, tra il grottesco e l’affabile – si trastullano in mezzo a ghirlande di forme variopinte, di marezzature cromatiche, di sottili estroflessioni magnetiche, sempre sostenute da un minuzioso grafismo». Proprio quei miti personali e quei personaggi ludici e surreali sono i protagonisti della mostra del MACA, che li declina attraverso una collezione di circa 50 opere pittoriche, in cui il curatore Boris Brollo intravede un’affinità di spirito che lega l’artista calabrese a Picasso. «Non è una questione di forma o di segno, ma di concetto. Egli traduce l’opposizione di Picasso al regime franchista in una opposizione tout court – scrive Brollo –. Egli è un moderno maestro del racconto di questa terra calabra appartenuta a una grande storia e le cui radici trasudano ancora di questo passato glorioso. Pure qui egli sviluppa un senso del fantasticare che, benché affondi le radici nel passato, guarda al futuro. Futuro in cui il concetto dell’eterna lotta umana, oggi rimandata al virtuale, al computer e alle bombe intelligenti, segna un punto ancora umano alla lotta a corpo a corpo».