Nella notte appena trascorsa i Finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia unitamente a quelli del G.I.C.O. di Trieste, nell’ambito di un’indagine finalizzata alla disarticolazione di una consorteria criminale di stampo ‘ndranghetista che ha visto, complessivamente, la denuncia di n. 76 soggetti, hanno sequestrato beni per un valore di trentacinque milioni di euro e dato esecuzione a dieci provvedimenti di fermo disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, a firma dei PP.MM. Marisa Manzini e Simona Rossi, nei confronti di altrettanti soggetti affiliati al clan Mancuso di Limbadi (VV). Le complesse attività d’indagine, durate circa due anni, traggono origine da iniziali approfondimenti di natura bancaria riguardanti soggetti di origine calabrese residenti in Friuli Venezia Giulia che hanno poi condotto gli investigatori ad operare nella provincia di Vibo Valentia, nel momento in cui è stato accertato il coinvolgimento di soggetti appartenenti al predetto clan vibonese. I militari della locale Compagnia, in sinergia con i colleghi di Trieste, sono poi riusciti a ricostruire, anche con operazioni tecniche, l’esteso organigramma associativo denunciando 76 persone che, attraverso atti estorsivi, usurari nonché danneggiamenti vari, avevano ottenuto il controllo nel settore economico della distribuzione e commercializzazione all’ingrosso di generi alimentari e nel settore turistico immobiliare. Le attività estorsive individuate erano particolarmente remunerative in quanto poste in essere mediante la forza intimidatrice derivante dall’appartenenza al gruppo criminale che, in tale modo, induceva le vittime a cedere alla pressione dei clan. Fra i principali responsabili è stato individuato Agostino Papaianni, con significativi precedenti di polizia, il quale, d’intesa con il capoclan Cosmo Mancuso, ha proceduto ad una sistematica attività di occultamento delle ingenti risorse economiche accumulate nel corso del tempo, avvalendosi di diversi prestanome che erano ufficialmente intestatari di numerosi beni mobili ed immobili, ma sono stati poi smascherati dagli uomini delle Fiamme Gialle. Se il fermo dei dieci associati ha creato un concreto danno al clan, ancora più pesante è quello derivante dai sequestri eseguiti dagli stessi finanzieri, i quali hanno in modo minuzioso individuato i beni da loro illecitamente accumulati. I provvedimenti patrimoniali effettuati ammontano a trentacinque milioni di euro e vedono, tra l’altro, il sequestro di:
- due importanti società locali operanti nel settore del commercio all’ingrosso ed al dettaglio di alimenti;
- un distributore di carburante con autolavaggio e bar;
- un supermercato;
- una concessionaria di autovetture;
- un bar sito nella piazza principale di Tropea (VV);
- un panificio industriale;
- numerosi conti correnti bancari,
ma soprattutto un rilevante villaggio turistico, formalmente intestato ad un prestanome di origine nordafricana, composto da decine di miniappartamenti con annessa piscina, market, due ristoranti, area camper e relativo stabilimento balneare. E’ interessante evidenziare come il sodalizio criminale procedesse ad attività intimidatorie nei confronti di attività commerciali (quali il danneggiamento, in alcuni casi consistito anche nell’appiccare incendi di vetrine e locali aziendali), i cui titolari venivano poi costretti ad acquistare i prodotti alimentari commercializzati dalle società riferibili al clan. In determinate circostanze è stato rilevato come l’obbligo di acquistare i prodotti dalle società riconducibili agli affiliati derivasse da precedenti prestiti concessi con tassi usurari. In specifici casi era imposto anche l’acquisto e la vendita di prodotti scaduti ai quali veniva sostituita l’etichetta originale. Tali società distributrici sono state ora sequestrate dai Finanzieri. Le imprese commerciali nelle quali sono stati reinvestiti i proventi delle attività criminali dei clan erano, pertanto, strumentali a sovvenzionare attività economiche con innegabili vantaggi concorrenziali, stante la possibilità di finanziarsi con modalità illecite e fuori dai normali circuiti finanziari e di acquisire spazi di mercato con gravi azioni intimidatorie. In seguito all’attività di polizia giudiziaria verrà applicata la normativa sulla tassazione dei proventi illeciti nonché verranno contestate le violazioni di natura tributaria perpetrate nella gestione delle società sottoposte a sequestro quali utilizzo di Fatture per Operazioni Inesistenti, mancata o infedele dichiarazione dei redditi.