“Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” per oltre 40 milioni di euro, “omesso versamento di I.V.A.”, per oltre 4 milioni di euro e “occultamento o distruzione di documenti contabili” sono le ipotesi di reato formulate dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza, che al termine di un’articolata attività di polizia giudiziaria e ispettiva a carattere fiscale, hanno individuato un’evasione fiscale di considerevole entità, ottenuta attraverso il meccanismo della “frode carosello” e segnalato all’Autorità Giudiziaria gli amministratori della società “cartiera”. L’attività ispettiva, scaturita da una verifica fiscale eseguita nei confronti di un’impresa della provincia di Cosenza operante nel settore della commercializzazione delle carni, ha consentito di portare alla luce, con il ruolo di “cartiera”, una società romana, successivamente trasferita in Uganda. Individuata la presenza di numerosi fornitori comunitari, le attività sono state estese anche all’estero, richiedendo controlli, dati e notizie alle Autorità dei Paesi membri UE. Dalle indagini svolte è emerso come la società romana abbia rivestito le tipiche caratteristiche della società cartiera/filtro (c.d. “Missing Trader”), ovvero, sia stata creata “ad hoc” per interporsi tra i fornitori comunitari e le varie imprese nazionali italiane con l’evidente scopo, in applicazione del principio comunitario di tassazione Iva nello Stato di destinazione del bene, di evadere l’imposta sul valore aggiunto sui consistenti acquisti di carne proveniente dai paesi UE, praticando nel contempo prezzi fortemente ridotti, creando così un danno alla libera concorrenza nel settore ed un pregiudizio all’economia di mercato. Accanto ai prezzi privi di margine, la società ha comunque conseguito un “utile”, costituito evidentemente dall’imposta sul valore aggiunto addebitata ai clienti e mai versata all’Erario. Ulteriore escamotage, la cessione della società oggetto di verifica ad un soggetto di nazionalità Ugandese, risultato essere il tipico “prestanome”, sconosciuto e irreperibile, figura questa ricorrente nelle frodi di questo genere.
Dagli elementi probatori raccolti, la società si è scoperto rivestire le caratteristiche di una “cartiera”, proprio per le tipiche peculiarità che esse assumono, attraverso la presenza di un “prestanome”, la vita societaria di breve durata con aumenti repentini e esponenziali dei volumi d’affari, la sottrazione delle scritture contabili agli organi dell’Amministrazione finanziaria, nonché l’assenza di una vera attività economica “diretta” ma, piuttosto, una più verosimile interposizione tra i fornitori comunitari e le aziende nazionali reali destinatarie della merce a prezzi inferiori a quelli di mercato. Gli accertamenti richiesti alle Autorità amministrative dei Paesi membri UE hanno consentito, tra l’altro, da un lato di aver conferma della veridicità oggettiva dei considerevoli acquisti effettuati dalla società verificata e dall’altro di ottenere diversi elementi che hanno rafforzato l’ipotesi come dietro la costituzione della società “filtro” ci fosse la regia di alcune delle stesse imprese clienti della società indagata, coloro che poi hanno tratto i reali benefici economici dalla frode. La conseguente attività ispettiva di carattere fiscale ha consentito di proporre per il recupero a tassazione di:
– costi indeducibili per 21.331.931,11 euro;
– ricavi non dichiarati per 3.002.781,00 euro;
– una base imponibile Irap per 24.334.712,11 euro;
– una maggiore IVA dovuta per 2.406.872,92 euro.