È stato il discepolo prediletto e biografo di san Nilo che lo ebbe ancora compagno anche nell’anno 1000 al pellegrinaggio a Roma e col quale visse nel monastero di Grottaferrata. Sto dicendo di Bartolomeo, nato a Rossano nel 980, col nome di Basilio, da genitori timorati di Dio e discendenti da Costantinopoli e battezzato davanti alla sacra icona della Vergine Achiropita rossanese. Già in tenera età dimostrava propensione verso la vita monastica, lo studio delle Sacre Scritture nonché della penitenza. Per cui quando raggiunse i sette anni di età fu affidato a grandi maestri della Chiesa, i monaci di san Giovanni di Calabita in Caloveto. Dopo appena cinque anni, avendo raggiunto la maturità necessaria, si portò a Vallelucio di Montecassino per stare insieme al suo concittadino san Nilo che lo seguì, poi, anche a Serperi di Gaeta, condividendo un decennio di vita ascetica fatta di digiuni, astinenze e poco sonno sulla nuda terra. Da Gaeta passarono insieme a Grottaferrata e qui, essendo venuta la fine di san Nilo (1004), dopo varie peripezie, Bartolmeo accettò, suo malgrado, di diventare egumeno del monastero laziale ad appena trentadue anni. È ritenuto unanimemente il più grande innografo del secolo XI e tra il 1030 e il 1040 scrisse la vita del suo maestro Nilo; compose per il monastero il “Typicon” (codice liturgico-disciplinare).
Tutta la sua produzione letteraria resta raccolta e gelosamente custodita nel monastero di Grottaferrata. Invece del Santo rossanese resta una modesta biografia curata da un monaco suo discepolo che successivamente venne tradotta in latino e greco nel 1684 da Possin. Sempre di questo testo biografico un’altra versione greco – latina è stata pubblicata da Padre Maurini nel 1729. In detta biografia viene narrato anche un miracolo operato da Bartolomeo dopo pochi anni dalla morte e che conferma il suo amore senza misura verso i poveri. Ed ancora, nonostante fosse soltanto un frate sacerdote, prese parte ai Sinodi romani del 1036 e del 1044 ed in questo stesso anno fu presente al Concilio Lateranense. La sua amabilità, affabilità e grande preparazione culturale lo resero amico dei papi Giovanni XIX, Benetto VIII e Benedetto IX. Addirittura quest’ultimo fu indotto dal Santo rossanese ad abdicare e fare vita monastica a Grottaferrata dove morì in santità dopo Bartolomeo. Le spoglie del Santo (morto nel 1055) assieme a quelle di san Nilo rimasero venerate a Grottaferrata fino al 1300. Poi non se ne seppe più nulla. Nella città laziale come a Rossano viene ricordato l’11 novembre e nella cittadina calabrese vi è anche una chiesa dedicata a Bartolomeo. E c’è di più. Nel IX centenario della morte, il nostro Santo venne definito da papa Pio XII, “luminare della Chiesa e ornamento della Sede Apostolica”.