“Pochissimi esempi positivi in un mare d’ipocrisia e divisioni campanilistiche”, così titolava un quotidiano regionale oggi, una riflessione di Marcello Furriolo, non un lettore comune qualsiasi, ma senza dubbio una personalità di spicco della politica di Catanzaro sin dai tempi della prima Repubblica. Orbene Furriolo scrive, a proposito della “vicenda” riordino, accorpamento, soppressione, chiamatela come volete, delle province, questa “ha messo, ancora una volta, a nudo la pochezza di una classe dirigente che ha rinunciato al proprio ruolo di guida dei processi di ammodernamento, anche quelli più dolorosi perché vanno ad incidere su antichi privilegi, conniventi storture e pratiche di parassitismo sociale antistoriche”. Più avanti, Furriolo non la manda a dire allorché scrive che “e c’è chi esprime rammarico per l’abolizione delle province di Crotone e Vibo Valentia anche se in cuor suo non può non riconoscere che è stato solo posto rimedio ad una macroscopica violenza ai danni di Catanzaro”. “Macroscopica violenza ai danni di Catanzaro”, sì, avete letto proprio così. Ma di grazia, Sig. Furriolo, qualcuno, a Crotone e Vibo, vent’anni orsono, ha alzato le barricate in piazza? Qualcuno ha ripetuto la rivolta di Reggio degli anni ’70? Non mi/ci pare. Nessuno ha ottenuto con forza. Per la verità, più avanti, il Furriolo ricorda gli anni di condivisione tra le popolazioni giallorosse e rossoblu e va a scomodare financo Carmine Abate il quale, nel suo Campiello “La collina del vento”, fa studiare i suoi giovani protagonisti a Catanzaro. E grazie, sig. Furriolo, era Catanzaro il capoluogo di provincia, insistevano lì molte scuole, dove voleva che andassero i giovani crotonesi degli anni 40/50? E però il Furriolo, il colpo da 90 lo spara eccome. Scrive infatti che “c’è ancora chi non si rassegna, agitando il più bieco campanilismo in una terra che ne paga le conseguenze in termini di mancata crescita e di divisioni ottuse, che allontanano sempre di più la Calabria dal resto del paese e dall’Europa”.
E no, sig. Furriolo, , è lei che fa del “bieco campanilismo”! I Crotonesi e i Vibonesi, non alzano la bandiera del campanile, sic et simpliciter, non l’hanno fatto mai. I Crotonesi e i Vibonesi vogliono solo difendere a spada tratta comodità, sì comodità, per la povera gente, per gli anziani, perché ormai solo anziani vi vivono. Se lo immagina lei un povero vecchio solo dover affrontare la lunga strada, non sempre agevole e transitabile soprattutto d’inverno, per raggiungere, da Savelli, da Verzino, da Umbriatico, da Nardodipace, da Mongiana e Fabrizia, il capoluogo Catanzaro? A proposito, Le ricordo sig. Furriolo, che questi vecchietti ancora appena sanno leggere e scrivere altro che web come vuol far credere il Ministro Cancellieri. E le strade, molte strade sono impraticabili non autostrade come le vorrebbe sempre la Cancellieri. Ma non è solo questo. I Crotonesi e i Vibonesi vogliono difendere i presidi della legalità: Prefettura, Questura, Comando Carabinieri, Finanza, Polizia ecc. I presidi della legalità, comprende bene sig. Furriolo, in un territorio difficile socialmente e dalla orografia indescrivibile. Vogliono difendere importanti servizi: se li immagina Lei i Vigili del Fuoco, in particolari situazioni di emergenza, che da Catanzaro devono arrivare a Nardodipace o Savelli? Mi fermo qui, sig. Furriolo col ricordarLe le parole della sua zelante (senza ironia) Presidente di Provincia Wanda Ferro secondo la quale “questa riforma è confusa e inconcludente”.
Esimio prof. Ruggiero intanto ti ringrazio per il puntuale e pertinente intervento. Il sig. Furriolo ex democristiano, ex sindaco della stessa Catanzaro, ex direttore del Politeamam ex tutto ha forse qualche problema di visibilità. E comunque il nobilato catanzarese ancora vuol vivere di megalomania. Grazie ancora!
Hai ragione prof. Stirparo. Il sig. Furriolo fa bieco campanilismo, dimenticando però i cd presidi di legalità per Vibo e Crotone hanno consentito a Catanzaro di risultare meno “incasinata”. E’ strano che il sig. Furriolo – un ex che non era una x!! – parli come uno non solo lontano dalla gente comune ma pure distantissimo e contro gli interessi di vivibilità della sua stessa città.