“Scusate..non vorrei essere noioso né ripetitivo! – inizia così la nota di Vincenzo Malacari Coordinatore RSU della Provincia di Crotone. Però, per forma mentis, non riesco a star zitto di fronte ad alcune “baggianate” giuridiche, ancor di più se sono pure palesemente illogiche. A cosa mi riferisco? Semplice, alla recente norma della “spending review” in materia di riordino delle province, che, oltre ad essere incostituzionale, risulta altresì foriera di svariate contraddizioni. Vediamole:
Prima contraddizione: la discordanza dei termini procedurali per procedere al riordino.
Mentre il comma 3, dell’art 17 dà alle Regioni un termine massimo di 92 giorni, decorrenti dalla data di pubblicazione (ossia il 24 luglio 2012) della deliberazione del Consiglio dei ministri con cui sono stati fissati i requisiti cd “minimi” (estensione territoriale di 2500 Km quadrati e popolazione residente non inferiore ai 350.000 abitanti) , per formulare una proposta di riordino, il successivo comma 4 stabilisce che se entro sessanta giorni, decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge(ossia il 15 agosto 2012), una o più proposte di riordino delle regioni non sono pervenute al Governo, questi è legittimato ad adottare autonomamente il provvedimento legislativo di riordino. Orbene, facendo due calcoli, il comma 3 fissa al 24 ottobre la data ultima per fare la proposta di riordino, il comma 4, invece, al 15 ottobre. Qual è quindi la deadline ?
Seconda contraddizione: La scelta del comune capoluogo
Il comma 4-bis, introdotto in sede di conversione del decreto legge, precisa che “In esito al riordino, assume il ruolo di comune capoluogo delle singole province il comune già capoluogo di provincia con maggior popolazione residente, salvo il caso di diverso accordo tra i comuni già capoluogo di ciascuna provincia oggetto di riordino”
Di per sé la norma non presenta nulla di strano, se non fosse per questo paradosso : le città di Chieti e Avellino, capoluoghi delle rispettive province non intaccate dalla “spending review”, poiché in possesso dei requisiti minimi richiesti dal Governo, potrebbero vedersi scippati dal loro ruolo in favore rispettivamente delle più popolose città di Benevento e Pescara; comuni, quest’ultimi, capoluoghi di Province destinate a scomparire poiché prive dei requisiti richiesti. Insomma, una vera contraddizione! Soprattutto, se alla fine di questo fantasioso riordino, Benevento e Pescara, in quanto province, si salveranno a discapito di Chieti e Avellino.
Terza contraddizione: Col riordino delle province non si risparmia. Anzi, si spende!
Qualcuno lo ha già detto, ma è utile ribadirlo: col riordino non solo non si risparmia un bel nulla (come ufficialmente dimostrato dalla tabella della Ragioneria generale dello Stato, allegata al provvedimento della “spending review”) ma, anzi, occorre sin da subito spendere denaro pubblico per il pagamento dei gettoni di presenza dei membri dei vari CAL, impegnati in questi giorni con la formulazione delle ipotesi di riordino. Come dire, quando si parla di abbattere i costi della Politica!
In conclusione, sarebbe corretto immaginare che il Governo e il Parlamento puntassero la loro attenzione su decisioni con ricadute utili per tutti noi, anziché seguire ad occhi chiusi i “compitini” richiesti dai tecnocrati della BCE”.