Lo studio della radioattività naturale nel comune di Caraffa, in provincia di Catanzaro, è al centro della pubblicazione degli atti dell’ultimo congresso nazionale “Il Controllo degli agenti fisici: Ambiente, Salute e Qualità della Vita” che si è tenuto a Novara, riunendo i principali studiosi delle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente d’Italia nonché altri esponenti della comunità scientifica nazionale ed internazionale. Lo studio su Caraffa è stato presentato direttamente dai due autori nonché tecnici del Dipartimento di Catanzaro dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (ARPACAL), Dr. Salvatore Procopio – fisico in servizio al Laboratorio fisico “E. Majorana” del Dipartimento di Catanzaro dell’Arpacal – e Dott. Michele Folino Gallo – geologo del Servizio tematico Suolo e Rifiuti sempre del dipartimento catanzarese dell’agenzia ambientale calabrese. Il lavoro presentato durante il convegno, diventato ormai un appuntamento di confronto per le Agenzie nazionali sul tema delle radiazioni ionizzanti e non, si intitola “Confronto tra elementi tettonici e concentrazioni di radon nel suolo: la radioattività naturale nel comune di Caraffa (CZ)”. Lo studio, che ha riguardato i risultati ottenuti durante il monitoraggio della radioattività naturale del Comune di Caraffa, nasce dalla collaborazione del Laboratorio Fisico Ettore Majorana ed il Servizio Tematico Suolo e Rifiuti del Dipartimento Arpacal di Catanzaro e mira a far luce su un killer silente legato alla radioattività naturale del terreno: il radon. La particolarità di questa ricerca calabrese, che ha conquistato l’attenzione della comunità scientifica, sta nel fatto che la gran parte della letteratura in materia non considerava la Calabria come potenzialmente esposta al rischio Radon.
Il lavoro proposto dai tecnici Arpacal ha dimostrato, invece, l’estremo interesse che deve essere rivolto a questa tematica nella nostra Regione. “Predisposizione al rischio radon che deriva – commentano i tecnici Procopio e Folino Gallo – dalle peculiarità geologiche della Calabria, le cui rocce granitiche rappresentano un’anomalia geologica rispetto a quelle carbonatiche che costituiscono la gran parte dell’Italia peninsulare. Infatti, la Calabria è letteralmente un frammento di catena alpina, staccatasi poco più di 20 milioni di anni fa dal blocco europeo, e giunta, a seguito di complicate vicissitudini tettoniche legate al moto di avvicinamento tra Africa ed Europa, nella sua posizione attuale. In virtù di queste particolarità, in Calabria le rocce uranifere sono presenti in quasi tutte le formazioni del sottosuolo, e per tale motivo è fondamentale individuare le possibili vie di comunicazione tra il sottosuolo e la superficie (faglie e fratture). Le faglie inducono un aumento considerevole degli indici di fratturazione delle rocce che attraversano, costituendo una via di fuga preferenziale per i gas. Partendo da queste considerazioni di natura si stanno investigando, in un’ottica multidisciplinare, diversi settori chiave della Regione. I dati confermano una forte correlazione tra le faglie attive presenti sul territorio e l’andamento delle concentrazioni “anomale” di radon che rappresentano un fattore di rischio ambientale connesso alla maggiore probabilità di fenomeni di accumulo di gas negli ambienti confinati”.